Gli Istari Blu

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Nel primo film della trilogia dell’Hobbit girata da Peter Jackson avviene un breve scambio di battute fra Bilbo e Gandalf: l’argomento della conversazione sono gli Stregoni, ossia gli Istari presenti nella Terra di Mezzo. È uno dei passaggi che ho apprezzato maggiormente perché nella trilogia cinematografica del Signore degli Anelli la questione non era stata affatto toccata: gli spettatori (non i lettori) erano così usciti dalle sale cinematografiche con le idee poco chiare su Gandalf e Saruman; è vero che nella Compagnia dell’Anello Gandalf accennava a un “capo del suo ordine” (ossia Saruman) ma poi questo argomento non veniva più toccato e la questione restava avvolta nel mistero…

Torniamo però al primo film dell’Hobbit: quando Bilbo chiede a Gandalf se ci sono altri come lui in giro per la Terra di Mezzo, questi inizia la sua risposta citando per i primi i due stregoni blu: con grande sincerità, egli ammette di non vederli da così tanto tempo da aver perfino dimenticato i loro nomi.

Effettivamente degli Stregoni Blu si conosce davvero poco: anche nel libro del Signore degli Anelli, l’unico che vi accenni qualcosa è Saruman, il quale, facendosi beffe di Gandalf, gli chiede se vuole ottenere i cinque bastoni degli Istari, lascendo intendere che, oltre a lui, il suo interlocutore e Radagast, vi siano altri due stregoni, che però non sembrano avere alcun ruolo evidente nelle storie di quei giorni.

Un capitolo intitolato “Gli Istari”, pubblicato nel volume “I Racconti incompiuti”, tuttavia, offre al lettore un quadro abbastanza approfondito della vicenda: gli Istari, come è già stato chiarito nelle appendici del Signore degli Anelli, compaiono verso l’anno mille della Terza Era nella Terra di Mezzo. Essi provengono da Valinor e sono in realtà Maia incarnati, ossia spiriti angelici che hanno preso sembianze umane: invecchiano molto più lentamente rispetto alle altre creature della Terra di Mezzo, non devono (o non dovrebbero) ambire al dominio sui Popoli Liberi, essendo il loro compito quello di ispirare atti di resistenza contro Sauron, il quale proprio negli stessi anni iniziava a riprendere il suo oscuro potere. In questo capitolo si legge che «quanto al Blu, poco se ne sapeva all’ovest, e non avevano altri nomi se non Ithryn Luin, “gli Stregoni Blu”; essi infatti si recarono all’Est con Curunir (ossia Saruman, NdA), ma mai ne tornarono e si ignora se vi rimasero, perseguendo gli scopi per cui erano stati inviati, o se perissero o, come alcuni ritengono, fossero accalappiati da Sauron e ne divenissero servi» (pp. 515-516). Da un abbozzo narrativo di Tolkien, sappiamo che i cinque Istari furono scelti dai Valar per recarvisi nella Terra di Mezzo: qui scopriamo che i due Stregoni Blu avevano nome Alatar e Pallando e che, su indicazione del vala Orome, si erano recati nelle zone più remote della Terra di Mezzo.

Perché ne scrivo allora in questo blog, che si riferisce principalmente a storie e vicende della Seconda Era? La risposta sta, ancora una volta (cfr. Post Scriptum su Miriel) nel volume inedito in Italia “The peoples of Middle-Earth”: qui Tolkien stravolge completamente l’origine degli Stregoni Blu. In questa nuova versione, essi non sarebbero più arrivati alla Terra di Mezzo insieme a Saruman, Gandalf e Radagast, ma nella Seconda Era, più o meno nell’anno 1600, (insieme a Glorfindel, unico elfo ad aver fatto ritorno alla Terra di Mezzo dopo essere stato ucciso durante la fuga da Gondolin), la stessa epoca nella quale Sauron raggiungeva l’apice del suo potere, grazie alla forgiatura degli Anelli. Divennero noti come Morinehtar e Rómestámo, “Cacciatore di tenebre” e “Aiutante dell’Est”, e riuscirono a impedire alle forze dell’Oriente di superare numericamente quelle dei Popoli Liberi in Occidente: il loro compito fu, dunque, quello di soccorrere le poche popolazioni orientali che non si erano sottoposte a Sauron, cercare il suo nascondiglio dopo la sua prima caduta alla fine della Seconda Era (missione nella quale, evidentemente, fallirono) e scongiurare, durante la Terza Era, la vittoria dell’Oscuro Signore, soccorrendo, ancora una volta, quelle popolazioni dell’Est ribelli al potere di Sauron.

Questi elementi, per quanto scarni e mai sviluppati organicamente dall’autore, aprono tuttavia scenari suggestivi per chi volesse scrivere una storia dell’Oriente della Terra di Mezzo e ci restituiscono, ancora una volta, in perfetta sintonia con il pensiero di Tolkien, una visione meno manicheista degli Uomini rispetto a quella, un po’ troppo superficialmente suggerita dalla trilogia di Peter Jackson, che vedrebbe l’Occidente contrapposto in toto a un Oriente corrotto e senza speranza.