I Draghi nell’assedio di Gondor

Sono sincero: una creatura che avrei voluto avesse più spazio nel legendarium tolkieniano è certamente il drago. Indubbiamente non si può dimenticare l’importanza di Glaurung nel Fato di Turin e di sua sorella Nienor, né si può restare indifferenti all’epico scontro verbale avvenuto tra Smaug e un piccolo hobbit coraggioso di nome Bilbo; per tacere, infine, di draghi come Ancalagon il Nero e Scatha, destinati ad affrontare grandi eroi come Earendil e Fram, per poi esserne uccisi. Tolkien scrisse anche una storia divertente, dal titolo Il cacciatore di draghi, ma per quanto ben riuscita, non rientra nel continuum spazio-temporale della Terra di Mezzo. In particolare, mi sono spesso domandato perché, nell’intero arco della Seconda Era, nessun drago sia riportato nelle cronache storiche della Seconda Era: una mancanza, questa, piuttosto curiosa, dal momento che, nel Silmarillion, l’autore spiega come Sauron, una volta forgiato l’Unico Anello e gettato la maschera del generoso e illuminato Annatar, decise di porre sotto il proprio dominio le creature che un tempo avevano servito il suo padrone Morgoth: orchi, troll, uccelli malvagi…e i draghi? Tolkien non dice nulla sul loro eventuale impiego da parte di Sauron nella Seconda Era: per amore di verità, bisogna anche ammettere che l’autore, nella cronologia finale delle tre ere della Terra di Mezzo presentata nell’appendice A del Signore degli Anelli,  sostiene che i Draghi si risvegliarono nel corso della Terza Era, dedicandosi poi al saccheggio dei tesori dei Nani conservati all’interno delle Montagne Grigie.

[Illustrazione gentilmente concessami da Andrea Piparo Art #Andreapiparoart #dragon]

Sembrerebbe, dunque, che i Draghi, così come l’ultimo (?) Balrog della Terra di Mezzo sopravvissuti alla Guerra d’Ira, avessero impiegato un maggior numero di anni, rispetto agli Orchi oppure ai Troll, per uscire da una sorta di «letargo» nel quale la sconfitta di Morgoth li aveva fatti precipitare. Nulla vieta di immaginare, tuttavia, nel pieno rispetto delle vicende narrate nel corpus tolkieniano (alle quali, mi piace precisare, ho sempre cercato di adeguarmi per quanto possibile), che il risveglio accennato dall’autore non si riferisca alla Prima Era, bensì alla Seconda (almeno per i Draghi; la questione del Balrog è più difficile da affrontare, dal momento che non sembra ve ne siano stati altri citati nelle cronache tra l’apparizione del demone a Moria e la loro sconfitta al termine della Prima Era). In fondo, è lo stesso autore a sostenere che nella battaglia sostenuta dall’Ultima Alleanza dinanzi al Cancello Nero di Mordor vi fossero rappresentanti di tutte le specie viventi della Terra: perché non pensare, dunque, anche ai Draghi? A questo proposito, mi sono posto una domanda che spero i miei lettori possano trovare stimolante e che si riallaccia a un interrogativo che a lungo angosciò i sogni di Gandalf dopo la comparsa di Smaug e la distruzione del Regno sotto la Montagna: «E se Sauron avesse potuto beneficiare dell’alleanza di un Drago, cosa sarebbe accaduto?»

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

«L’assedio durava da ormai tre lunghi mesi, allorché un violento nubifragio sconvolse i piani d’assedio del nemico, ché le sue macchine d’assedio si impantanarono nel fango ed essi non riuscirono più ad avanzare; le schiere di Mordor allora si ritirarono nell’oscurità di Minas Ithil e per qualche tempo la città di Osgiliath godette di una pace inquieta, ché le aquile di Manwe non mancavano di riferire ai capitani dei Popoli Liberi quanto i servi di Sauron andassero nuovamente radunandosi, presagendo la sconfitta degli Uomini del mare. Vi erano, tuttavia, altri alleati del Nemico che i messaggeri di Manwe non riuscivano a scorgere, ché essi si erano ritirati fin dalla caduta del loro signore, al termine della Prima Era, nei recessi montuosi del Nord, lontani dalle contrade abitate dai Figli di Iluvatar; nelle steppe aride, al di là dei Monti Grigi, ove un tempo sorgeva la fortezza di Utumno, i Grandi Draghi prosperavano e nulla di quanto era prima presente in tali terre era sopravvissuto alla loro forza distruttiva. I Vermi di Morgoth non temevano Sauron, né lo servivano apertamente, reputando la sua autorità insufficiente per dominarli, ché solo al loro antico signore essi davano obbedienza; molto, tuttavia, avevano sentito dire dell’assedio che le schiere del più possente fra i servi del Vala Caduto muovevano al giovane regno di Gondor e mostravano di nutrire un certo interesse per le sorti di tale battaglia, ché volentieri avrebbero predato quanto gli eredi di Numenor avevano recato con loro dagli Abissi del Mare.

In quel periodo, tre draghi si levavano fra gli altri per possanza e crudeltà e non vi era servo di Morgoth, tra quanti condividevano il domicilio con tali perfide creature, che non ne temesse il gelido soffio e l’astuta parola; tali creature avevano nome Ando-Anca, Bairanax e Angurth ed erano nate dopo gli sconvolgimenti che avevano provocato l’inabissamento del Beleriand, al termine della Prima Era; mai essi avevano mirato le possenti torri di Thangrodim, né scorto, lugubre nella tenebra che la circondava, Barad-Dur la terribile, eppure alti si levavano in volo e finanche le grandi aquile di Manwe non osavano avvicinarsi a tali contrade, presagendo che un grande male fosse all’opera.

Orchi e altre creature della Tenebra erano all’opera in quei giorni ed essi tolleravano che prendessero parte alle battaglie che si svolgevano a Sud, ché prevedevano sarebbe giunto loro grande vantaggio dalla vittoria di Sauron, seppure non avessero in animo di prendervi tosto parte; grande fu dunque il loro stupore, allorché, una sera, giunse alla dimora nella quale erano soliti divorare i cadaveri delle loro incaute vittime, un cavaliere ammantato da un lungo manto nero e del quale erano visibili solo gli occhi, la cui rossa luminosità era tale da rischiarare perfino le tenebre nelle quali codesti esseri dimoravano; grande fu la loro ira, ché essi erano intenti all’orribile pasto e non tolleravano che alcuno disturbasse la quiete nella quale erano immersi. Ando-Anca, il più possente e anziano fra i tre, così apostrofò il nuovo venuto: “Chi sei tu che disturbi la gloriosa progenie di Glaurung? Lenta sarà la tua morte, ché nessun mortale ha osato violare la soglia dalla quale tu hai fatto sì impunemente ingresso!”

Glaciali erano state le parole che il Grande Verme aveva adoperato e gelido il suo tono; eppure, mentre egli nel suo cuore nero gioiva, pregustando un rapido e facile pasto, il suo animo fu raggelato da un potere quale mai i suoi occhi avevano scorto fin da quando era venuto fuori dal suo osceno uovo; un intenso dolore gli attraversò le membra e il suo capo fu sconvolto da visioni quali mai nessun mortale era stato in grado di infliggerli: inutile era ogni sua resistenza e presto si avvide che anche i suoi fratelli giacevano nelle medesime condizioni di dolore. Una cupa voce echeggiò allora nell’antro e coloro che la udirono furono avvinti al suo potere: “Stolti! Nessuno è in grado di pronunciare parole sì sciocche dinanzi al Capitano degli eserciti del Signore di Mordor senza avvertirne il feroce morso, ché invero io non sono un mortale quale le vostri fauci trafiggono nell’agonia della morte: Er-Murazor io sono, il Capitano dei Nazgul, gli Spettri al servizio del Re del Mondo”. Lentamente avanzò, e l’ombra parve crescere, sicché ogni cosa fu presto avvolta da una caligine fumosa e oscura, infine riprese a parlare: “Il mio signore vi rimembra che nei secoli che seguirono la dipartita dal mondo di Morgoth, il suo volere era considerato da quanti lo servivano verità e legge; vorreste forse oggi venire meno alla parola data e tradire il vostro nuovo padrone? Sappiate, Vermi di Morgoth – e qui parve che l’oscura figura ridesse – che Sauron di Mordor, colui che anticamente era noto con il nome di Gorthauron, non vi teme e non desidera che coloro che un tempo seguivano un unico vessillo, siano ora dispersi e indeboliti, ché tale infausta circostanza arreca invero molto vantaggio ai nostri nemici. Il discepolo di Melkor vi chiama e vi chiede di servire nei suoi eserciti!” Sconvolto nella mente e nel corpo, Ando-Anca tuttavia ribatté: “Se tale non fosse tuttavia la nostra volontà, cosa potrebbe la forza di un minuscolo Uomo contro la maestosità dei figli di Ancalagon? Invero, il tuo sembiante pare minaccioso e inquietante, tuttavia io dubito che tu conosca davvero quanto le tue parole sembrano dimostrare; che sia Sauron in persona, se tale è il suo disio, a reclamare il nostro aiuto, ché non ci piegheremmo certo innanzi a uno dei suoi schiavi”.

Beffardo rise il Signore dei Nazgul e, lasciato scivolare via il manto che ne occultava l’identità, si erse in tutta la sua malvagia figura; il panico si impadronì allora dei draghi, ché invero grande era la possanza di Sauron, il Signore degli Anelli, ed essa ora riluceva minacciosa nel negro spirito del suo Capitano; l’oscurità cadde sulle loro menti ed essi furono avvinti all’Anello Sovrano che adornava il nero artiglio del Crudele Nemico: remote, eppure chiare nell’oscurità, parve loro di ascoltare tali parole di potere e perfidia: “Folli! Sauron di Mordor non implora coloro che gli devono obbedienza, né tollera che la sua volontà possa essere messa in discussione! Un solo sentiero percorrerete d’ora innanzi, ed esso vi condurrà alla vittoria, ché gli auspici del mio signore si tramutano lesti in realtà”. In tale modo fu siglata la perigliosa alleanza tra i Grandi Vermi del Nord e l’Oscuro Signore che infiniti lutti avrebbe recato ai Figli di Iluvatar; lesti si mossero i draghi allorché le loro menti furono soggiogate al volere dell’Unico e all’alba del settimo giorno dacché il Capitano Nero aveva condotto da loro la parola del suo signore, essi giunsero alla città di Osgiliath, ove furono accolti dal grande entusiasmo degli eserciti del Nemico, consapevoli che non vi sarebbe stato ostacolo alla loro vittoria sulle schiere dell’Alleanza.

Cupi divennero i pensieri di Erfea allorché scorse le cuoiose ali piombare sulla città, sebbene egli sperasse nel suo cuore che non si trattasse dei Draghi del Ghiaccio, di cui molto aveva sentito dire nel corso dei suoi lunghi viaggi a settentrione; lesta, tuttavia, la sua speme venne meno allorché i servi di Morgoth ricoprirono di fredda brina i preziosi mosaici che ornavano i minareti e le ampie terrazze, seminando il panico tra i soldati. Gli arcieri di Edhellond fuggivano, abbandonando gli spalti alla mercé degli Orchi e degli altri oscuri servi di Sauron che lesti si erano arrampicati sulle torri d’assalto, poste dai Troll lungo le mura; drammatico divenne l’assedio della città per coloro che ne difendevano il bianco cancello, allorché, alla minaccia dei draghi si aggiunse quella non meno temibile di un grande ariete che era stato fatto avanzare durante la notte; centinaia di schiavi di Mordor ne trascinavano le enormi ruote e, quando alcuni di essi cedevano, sfiniti, alla fatica o erano colpiti dai proiettili che gli ultimi arcieri del regno scoccavano ancora, venivano subito sostituiti da altri Orchi e Uomini: in tal modo, nonostante l’imponente mole di cui era gravato, lesto giunse al Cancello l’enorme ariete ed esso fu trascinato lungo il ponte rialzato che conduceva alla porta.

Un tremolio lugubre scosse le fondamenta della città allorché i pesanti magli dell’ariete furono con forza issati e lasciati ricadere sulla massiccia porta: a lungo tale eco riecheggiò, si spense, e nuovamente atterrì di terrore tutti coloro che la udirono, eppure, restie a cedere erano le travi in acciaio e galvorn che sostenevano gli enormi battenti in quercia.

Ariel si ergeva ritta innanzi al cancello, simile a Varda prima che Morgoth fuggisse e la rovina piombasse su Valinor; penoso era il suo sguardo, eppure limpidi i suoi occhi, ché fiero era il suo animo e pure nella profondità della tenebra intravedeva un barlume di luce; lesta cercò l’Alto Theng del Rhovanion con lo sguardo e quando lo ebbe trovato, tali furono le sue parole di commiato: “Addio, Eothraim! Mai oblierò le tue cortesi parole e se questi non fossero stati tempi di guerra, diverso sarebbe stato il nostro percorso! Giunta è la mia ora; possa essere la tua altrettanto gloriosa!”

Possente riecheggiò l’urlo di guerra dell’Amazzone e gli Orchi fuggirono innanzi a lei; nulla poté Aldor, ché ella era una donna vigorosa e la sua scelta già presa; sola la vide avanzare nella tenebra, la lunga lama in acciaio sguainata accanto all’alto elmo di ali guarnito. Ando-Anca la osservò, minuscola figura, ergersi sulla rovina che il suo soffio gelido aveva causato; grande, allora, avvampò nel suo cuore l’ira, sicché allargò le ali e, simile a una saetta, si lanciò contro la donna; più lesta ancora fu tuttavia Ariel e con maestria affondò la mortale lama nelle fauci del nemico.

Schiumò e urlò, il possente figlio di Ancalagon, e la terra fu squarciata dalla sua atroce agonia; nulla poté tuttavia, ché, sebbene l’Amazzone fosse stata trafitta dai suoi possenti denti, pure la sua lama era affondata nel suo cranio, rimanendone fieramente incastrata, simile a un bianco vessillo ornato di sangue. Come una frana che tutto sconvolge, così Ando-Anca precipitò dalle alte mura, travolgendo quanti erano lungo la sua traiettoria; fuoco e ferro, acqua e legno, nulla sopravvisse al suo passaggio ed egli affondò in basso, trascinando nella sua rovina il possente ariete che le schiere di Mordor avevano condotto a Osgiliath; lesto allora il panico si impadronì dei servi di Sauron ed essi fuggirono per ogni dove; a nulla valsero le selvagge urla dei condottieri dell’Occhio, ché essi furono travolti dalla pazzia che sembrava aver invaso i cuori dei loro soldati. Un possente clamore si udì echeggiare nella pianura, infine tutto fu silenzio: Ariel era morta, ma il suo sacrificio aveva impedito alla città di cedere.

Smarriti si mossero gli Uomini in città, ché su tutti era piombata improvvisa una grande stanchezza; luce non vi era sul volto rigato dalle lacrime di Aldor Roc-Thalion e accanto a lui, silenti nel dolore che accomunava i loro cuori, erano Erfea e Herim, il cui braccio sanguinava copiosamente; infine, un nuovo Sole sorse e il mondo dei mortali e di coloro che non periscono sembrò vivere nuovamente, ché essi furono illuminati dai suoi possenti raggi: balzato rapidamente in piedi, il Signore del Rhovanion allora lanciò la sua spada in aria e tutti coloro che erano con lui in quel momento, crederono di aver visto Orome il Vala, possente nella sua forza.

“L’affetto più prezioso che avevo mi è stato sottratto dalle armate di Mordor e io non oblierò mai il dolore che avvolge il mio animo; possa tuttavia giungere lesta l’ora della vendetta, ché il mio cuore freme e in esso la collera è forte”. Nessun altro parlò in tale triste ora, ché non vi erano parole nei loro idiomi atte a esprimere quanto ciascuno racchiudeva nel proprio cuore ed essi si ritirarono, cercando invano nel sonno beffardo la quiete che i loro animi avevano smarrito molti anni prima.

Nei giorni successivi, sotto l’esperta guida di Bor e di suo figlio Groin, gli Uomini della città posero mano al martello e all’incudine, sanando le ferite che la guerra aveva condotto con sé; lame furono forgiate, secondo la tecnica di Khazad-Dum, ed esse atterrirono le schiere del Nemico, allorché giunse il momento di impugnarle: nessuno, tra coloro che dimoravano all’interno della mura di Osgiliath ancora inviolate, era in grado di prevedere quando sarebbe giunto nuovamente il momento del confronto. Erfea, tuttavia, diede ordine ai suoi soldati di intensificare la sorveglianza del Cancello e del Ponte e ne inviò alcuni per osservare i movimenti delle armate del Re Stregone; nulla però seppero riferire coloro che fecero ritorno alla città, ché l’Ithilien era desolato e il nemico si era trincerato nella fortezza di Minas Ithil, ove essi non avevano il coraggio di avvicinarsi, memori della crudeltà dei Nazgul e dei loro servi.

Poche o punte notizie giungevano dal Nord, ché scarsi erano i contatti tra il regno di Arnor e quello di Gondor e perfino in tale ora del bisogno Erfea ammoniva i Saggi di Gondor a evitare l’uso della Palantir, per tema che Sauron potesse impadronirsi della mente di chi avesse avuto l’ardire di scrutare nelle antiche pietre veggenti.

Trascorsero i giorni e giunse aprile, recando con sé nuove sofferenze, ché i campi furono gelati dalla neve e un gelido vento sferzava i pinnacoli delle torri della città e ancor più gli animi di coloro che la difendevano; inquieto divenne Glorfindel ed egli sovente volgeva il proprio sguardo a Nord, nella speranza di scorgere i lucidi vessilli di Gil-Galad e di Elendil; ma nulla si muoveva nelle brume settentrionali e numerosi Uomini morirono, decimati dalle malattie e dalle ferite. “Mai, dacché il reame di Gondor ebbe origine, la Primavera era stata sì crudele con i suoi abitanti – osservò Herugil una notte – “Codesta è opera del Re Stregone e dei suoi accoliti, ché si narra che egli sia in grado di evocare il freddo dagli Spazi oltre la Notte Eterna” – gli rispose Herim; nessuna parola fu pronunziata da Erfea, eppure il suo cuore sapeva essere veritiere le parole del Capitano degli orientali.

Giunse maggio e le bufere di neve sembrarono placarsi; nuova speranza sorse allora nel cuore delle Libere Genti, eppure questa altra non era che la volontà dell’Oscuro Signore, ché egli desiderava che non vi fossero impedimenti alla sua mossa finale: in gran segreto, i suoi schiavi presero nuovamente ad armarsi ed essi mossero rapidamente verso il fiume e la città di Osgiliath, finché, il primo di quel mese, essi non giunsero nuovamente alla capitale di Gondor, iniziando un nuovo assedio.

Nessun cronista di quei tempi fu in grado di apprendere quanti fossero i soldati e gli schiavi che militavano nelle file dell’Oscuro Signore, ché tale moltitudine sembrava aumentare di giorno in giorno. Scuro in volto, la mano destra che accarezzava l’elsa di Sulring, Erfea Morluin mirava quanto accadeva nella piana sottostante le possenti mura della città, mentre la mente era intenta a rimembrare altre battaglie alle quali aveva partecipato nei lunghi anni della sua vita; ratto tuttavia si voltò allorché apparve alle sue spalle Bor, seguito da Groin. Per alcuni istanti un eloquente silenzio regnò fra loro, infine la roca voce di Bor echeggiò bassa: “Salute a te, figlio di Gondor! Un nuovo assedio è pronto a iniziare e sebbene possa essere possibile che codesto sia l’ultimo al quale le nostre vite mortali prenderanno parte, non disperiamo, ché ben conosciamo il valore delle nostre stirpi ed esse non temono gli schiavi di Mordor. Mai, nel corso della mia pur lunga esistenza, avevo mirato un simile coacervo di razze unite sotto un’unica bandiera, eppure, poche fra queste risultano a me note, ché esse non provengono dalle contrade ove io in tempi di pace ho dimorato, né hanno mai incrociato le asce della mia gente prima che questo lungo assedio avesse inizio; tu però godi di una conoscenza degli schiavi di Mordor che neppure un signore degli Elfi qual è Glorfindel può vantare di possedere: illustraci dunque, o Dunadan, le stirpi di coloro che servono il Nero Nemico del Mondo”.

Erfea ristette a lungo in silenzio, infine parlò e la sua voce si levò calma e impassibile sui pinnacoli e sui minareti della città: “Invero numerose sono le genti i cui guerrieri militano negli eserciti di Sauron; vi dirò, dunque, quanto ho appreso nei miei lunghi anni di esilio nelle vaste e desolate contrade che si estendono nell’estremo oriente e meridione di Arda. Sappiate, infatti, rampolli della stirpe di Durin, che codeste regioni sono la dimora di tribù feroci e ostili ai Popoli Liberi, implacabili in battaglia e rese schiave dall’oscuro potere dell’Unico che procura infame gloria al Nemico; lesti i loro guerrieri sono accorsi a servire l’Occhio, perché i loro capitani e signori altri non sono che i Nazgul”. Annuì lentamente Groin Hroa Sarna, infine, indicando con il suo poderoso braccio le schiere di Sauron, così apostrofò il Dunadan: “A quale stirpe appartengono coloro che sono all’avanguardia dell’esercito del Nemico? Uomini sembrano, eppure sconosciuti mi sono i loro costumi e ignote al mio orecchio le favelle che essi adoperano: taluni sono armati di lunghe alabarde la cui fattura mi risulta nuova, mentre altri adoperano robusti archi di tasso. Rozzi usberghi in cuoio proteggono i loro villosi petti ed essi indossano elmi piumati”. “Codeste schiere – riferì Erfea – servono Uvatha e Ren, i due Ulairi del Sud, e provengono dalle contrade del Khand e del Chey, ché tali sono, infatti, le patrie cui appartengono quei Nazgul”.

“Imponenti sembrano ai miei occhi quelle bestie che sulla sinistra dello schieramento avanzano – interloquì Bor – e non vi è nome nella mia lingua per definirne la terribile collera che sembrano emanare”. “Veritiere sono le tue parole, ché essi sono chiamati mumakil nella lingua dei popoli presso i quali sono impiegati, e olifanti nella favella dei cavalieri del Rhovanion: innanzi a me scorgo avanzare un possente esemplare di tale razza, dipinto di rosso e nero, sul dorso del quale si erge un imponente baldacchino di oro e avorio intarsiato: colui che ne impugna con sprezzante autorità le lunghi redini, altri non è che il quarto Nazgul in possanza, Indur Re del Mumakan e delle contrade a esso sottomesse, colui che i suoi servi chiamano il Flagello dell’Alba. Prodigioso è il suo elmo ricavato dal cranio di un olifante quale egli cavalca, e letale è la scimitarra che egli impugna nella battaglia; guardatevi dal suo letale manto – concluse Erfea – ché esso conduce chi lo osserva alla follia e alla perdizione”.

“Gravi e saggi sono i tuoi ammonimenti, Erfea figlio di Gilnar e noi ne terremo conto – gli rispose Groin – Invero vasta è la tua conoscenza delle schiere del Nemico e grato ti sarà il mio animo se mi vorrai indicare il nome e la stirpe di colui che cavalca uno splendido stallone, quale mai i miei occhi hanno mirato; numerosi cavalieri seguono tale condottiero ed essi sembrano feroci nell’aspetto, sicché perfino il più valoroso fra gli Uomini potrebbe temerne la carica. Chi è dunque costui?”

“Egli è Khamul l’Orientale, colui che i suoi servi chiamano il Re Dragone, secondo in possanza fra i Nazgul; letale cacciatore delle terre che si estendono a Nord del Rhovanion, il suo elmo dorato, intagliato a guisa di drago, riluce minaccioso nella piana; non vi sono cavalieri sì audaci nelle schiere del Nemico quali sono quelli che servono nell’esercito di Khamul ed egli è invero uno spirito esperto della negromanzia e dell’arte del combattimento”. Mentre così dialogavano i tre condottieri, le schiere del nemico si approssimarono alla città e presto fu possibile scorgere anche le milizie che sostavano alla retroguardia: erano costoro i veterani dell’esercito di Mordor, coloro che avrebbero permesso al loro Oscuro Sire di trionfare, qualora avessero preso parte alla battaglia.

“Ben m’avvedo come codesti guerrieri siano d’aspetto feroce e d’indole implacabile, tuttavia ignote mi sono le stirpi cui essi appartengono; chi comanda quei carri di vimini e di seta intessuti, la cui polvere sollevata è simile a una nube?” osservò Bor, mirando tali schiere.

“Hoarmurath di Dir è il suo nome, ed egli è sesto fra i Nazgul in possanza; invero crudele è il suo animo e il suo arco nero ha mietuto numerose vittime tra i nostri eserciti; codesti guerrieri sono Esterling provenienti dal mare interno di Rhun, a levante dei Colli Ferrosi: rapidi nella pugna, essi incutono infinito timore, ché non vi è fante che non tema di essere calpestato dai loro mortali carri”.

Improvviso, un grande clamore si levò nell’aria e risa selvagge furono udite echeggiare in tutta la piana; nuova inquietudine crebbe nel cuore di Erfea ed egli indicò ai Nani coloro che comandavano le schiere che sì impunemente procedevano, acclamate dall’intera armata. “Una grande moltitudine scorgo innanzi a me, tale che ogni altra forza del nemico a essa paragonata sembra poca cosa; Orchi e Troll delle caverne ne guidano l’avanguardia, e il loro fetore è tale che giunge fin qui: non sono tuttavia costoro che incutono timore nel mio animo, ché una fitta schiera di Numenoreani Neri segue i loro passi ed essi sono i nostri nemici più pericolosi”.

“Invero – interloquì Bor – codeste nuove armate dell’Oscuro Signore sembrano meglio equipaggiate rispetto a quelle che abbiamo affrontato e vinto fino a oggi. Un grande latrare i miei orecchi ascoltano e il mio cuore è colto da improvvisa paura ché mai aveva udito simili grida, le quali paiono giungere dall’Abisso!”

Erfea annuì: “Hai dunque udito le schiere di Dwar di Waw, il capitano del Cancello Nero e terzo fra i Nazgul; Signore dei Cani lo chiamano i suoi accoliti e le sue bestie sono tra le più feroci fra quelle che calcano le contrade di Endor”.

Mentre così discorrevano, Groin emise un urlo strozzato e parve a chi lo mirava che il colore dal suo viso fosse svanito; tremante, il suo dito indicava tre possenti armate che, lentamente, procedevano verso la città: tre enormi figure nere cavalcavano alla loro testa e due fra loro erano attorniate da soldati e dai mostruosi segugi da guerra di Dwar; la terza, più alta e imponente delle altre, procedeva solitaria e nessuno aveva l’ardire di marciare a meno di cento piedi da essa, ché emanava una malvagità tale da atterrire finanche i selvaggi Orchi e gli irascibili Troll. Una grande corona ferrea cingeva il suo capo e una pesante mazza pendeva al suo fianco sinistro, mentre una lama lunga sessanta pollici era cinta alla sua destra; autorità e terrore lo procedevano e un grave silenzio scese al suo arrivo, tale che perfino sugli spalti delle mura nessuno ebbe l’ardire di spezzarlo.

“È giunto colui che temevo sopra ogni altro nemico, eccetto l’Oscuro Signore in persona: egli è infatti il Capitano Nero, Signore degli Stregoni e Re degli Spettri; infette sono le sue oscure parole e le menti degli Uomini sono avvinte al suo potere, ché la volontà del suo padrone è in lui e la sue armi, che le storie narrano siano state forgiate dalle oscure mani di Sauron in persona quando egli era ancora un servo di Morgoth, incutono timore e terrore fra quanti le osservano”.

Lesto riprese l’assedio e parve che invero fosse giunta l’ora in cui la città degli Uomini del mare avrebbe infine ceduto; restio era però il suo Sovrintendente a effettuare una sortita a cavallo, ché sebbene il parere di Herim e Glorfindel fosse contrario, sapeva essere i Guadi e l’isola di Cair Andros in mano alle schiere del Nemico ed egli era solito ricordare che dei diecimila cavalieri che erano ancora in città non ne sarebbero giunti vivi che la metà, qualora essi avessero tentato di impadronirsi dell’isola e di cogliere il nemico sul fianco destro.

Una mattina, tuttavia, giunsero a Osgiliath inaspettatamente novelle di speme intrise, ché le aquile di Manwe riferirono che le prime avanguardie delle schiere di Gil-Galad e di Elendil avevano attraversato l’Alto Passo sulle Montagne Nebbiose e si accingevano a fare il loro ingresso nelle vaste distese del Rhovanion; lesti, allora, furono richiamati a Nord i reparti di mumakil, Carrieri e delle altre schiere a cavallo, ché Sauron provava nel suo cuore grande paura e temeva che i Cancelli Neri sarebbero rimasti sguarniti qualora i nemici fossero giunti alla sua dimora.

L’entusiasmo dei condottieri dell’Alleanza si mutò tuttavia lesto in inquietudine e poi in terrore allorché comparvero nuovamente i grandi Vermi di Morgoth; l’intera città tremò sino alle fondamenta allorché il soffio gelido della maligna prole del Vala Caduto ne deturpò i possenti torrioni e i gai giardini; vana fu ogni difesa, ché i soldati dei Popoli Liberi erano ormai prostrati e non vi era più forza nelle loro bracce: numerose difese furono abbandonate e molti fuggirono al di là del ponte che conduceva a ponente e alla città di Minas Anor, convinti che Osgiliath orientale fosse perduta. Lesta cadde la notte e alle schiere di Uomini si aggiunsero quelle delle infami creature della Tenebra; restia a cedere era però la difesa del cancello e nessuno fra quanti comandavano le laide schiere del Nemico osava ancora approssimarsi al gelido splendore di Sulring, la lama di Erfea, e con lui erano anche i Principi dei Nani di Khazad-Dum e i Signori dei Noldor in esilio.

Atti di valore furono compiuti durante quella di notte ed essi risuonano ancor oggi gloriosi agli orecchi di quanti ascoltano narrare tali vicende; non vi erano, tuttavia, solo i pesanti battenti delle porte da difendere, ché le mura esterne erano state abbandonate nelle mani degli Orchi e degli altri schiavi sottomessi a Sauron e se costoro non avevano ancora fatto il loro ingresso in città avveniva solo perché gli arcieri, protetti e occultati dall’enorme mole delle torri e dei merli interni, continuavano a scagliare frecce e proiettili su quanti si approssimavano loro.

Per qualche ora, dunque, le difese ressero ancora; infine, una grande ombra cadde su di loro e Bairanax, il Verme del Ghiaccio, piombò su quanti combattevano sugli spalti a meridione, travolgendo nell’impeto della sua foga alleati e nemici; letale, il suo fetido alito imprigionò nel ghiaccio Uomini e Orchi, infine si abbatté con foga sulle mura: alle due del mattino del giorno successivo, una breccia fu aperta e il pericolo piombò improvviso sulla città».

Il Ciclo del Marinio, pp. 297-302

35 pensieri riguardo “I Draghi nell’assedio di Gondor

    1. Bella domanda! Credo che i Draghi di Fuoco, come Ancalagon il Nero, fossero più forti di qualsiasi Balrog, (ad eccezione, forse, del loro signore Gothmog), perché, secondo Tolkien, Morgoth li usò come arma finale per cercare di distruggere i suoi fratelli Vala.

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      1. Considera che anche Gotmogh era un Balrog, anzi in una prima versione (poi successivamente abbandonata) Tolkien lo considerò il figlio di Morgoth e di un’orchessa. Personalmente, ritengo che il Balrog di Moria sia stato fortunato a sfuggire alla Battaglia di Ira: forse gli giovò l’essere considerato, paradossalmente, un «pesce piccolo» rispetto ad altre creature e demoni ritenuti più pericolosi, e questo errore di valutazione da parte delle schiere di Aman avrebbe potuto garantirgli la fuga dal campo di battaglia. Perché poi sia rimasto in stato letargico per oltre 5000 anni nel profondo delle Miniere di Moria rimane una questione destinata a restare insoluta.

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  1. Ottimo come sempre.
    NN vedo il motivo del perché draghi e almeno un Balrog nn avessero partecipato alla battaglia davanti al cancello nero dato che nel Silmarillion stesso c’è scritto che ogni creatura che aveva servito Morgoth riconobbe in Sauron il suo successore (le parole nn sono queste ma il senso sì) quindi io azzardo la presenza di un Balrog e Draghi nello scontro finale.
    .
    I suoi Draghi quanto sono Grandi? Più di Smaug? Per lei quanto è grande Ancalacon? (argomento molto dibattuto con un mio amico tanto da dargli dimensioni spropositate)

    Rispondo pure io al confronto Drago vs Balrog
    Tenete conto che i Draghi in particolare Ancalagon solo riesce dove 5 Balrog avevano pesantemente fallito ( il numero totale dei Balrog dopo la sconfitta di Gothmog dato che c’è scritto nei Racconti perduti che i Balrog erano 7 dopo la sconfitta di Melkor contro i Valar). I 7 Balrog da me citati (tutti) sconfiggono Ungoliant che stava in quel momento mettendo in ginocchio Morgoth (so la differenza tra Melkor e Morgoth in quel momento) e Gandalf impiega 10 giorni per sconfiggere il Balrog di Moria. Penso che questo dovrebbe dare un idea sulla potenza di Ancalagon dato che per sconfiggerlo è stato necessario l’uso del Silmaril (energia divina o luce purissima di cui la fiala di Galadriel è un riflesso flebile). Spero di essere stato chiaro nel mio ragionamento.

    Vi piace proprio il Re Stregone, ovunque è coinvolto è fortissimo.
    Approfitto del fatto che lei scrive “Codesta è opera del Re Stregone e dei suoi accoliti, ché si narra che egli sia in grado di evocare il freddo dagli Spazi oltre la Notte Eterna” – gli rispose Herim; nessuna parola fu pronunziata da Erfea, eppure il suo cuore sapeva essere veritiere le parole del Capitano degli orientali.” Giustamente dato che è ipotizzato pure quando Arvedui fugge da Arnor in rovina, quindi voglio chiederle se secondo lei la tempesta sul Caradhras (conosco la fama negativa della montagna) di cui la Compagnia è vittima sia dovuta ad un amplificazione dovuta a qualche artificio di Sauron, nel senso che ha potenziato la tempesta che già c’era se consideriamo i sospetti di Aragorn dovuti a dov’erano (a bassa quota) e Gandalf conclude questi sospetti insieme a Boromir e Gimli sul fatto che il braccio di Sauron si è allungato molto e Gandalf ripetendolo sembra confermare questa tesi. Che ne pensa? E’ vero che il Caradhras ha una fama terribile, ma in quel momento mi sembra che Sauron l’amplifichi. Forse se farà un topic sui poteri magici di Sauron posso ripetere lì l’argomento. Spero di essere stato chiaro in questa riflessione

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    1. La ringrazio per i suoi apprezzamenti, mi fa piacere che i miei racconti risultino di suo gradimento. Per quanto riguarda i Draghi della Seconda Era, io li immagino più grandi di Smaug, ma inferiori di dimensioni rispetto ad Ancalagon, che rimane, credo, il dragone più grande e terrificante di tutti i tempi di Arda (non mi meraviglierei se dovesse tornare in vita per combattere la battaglia finale tra Morgoth e i Vala). Confesso che il Re Stregone è uno dei miei personaggi negativi preferiti: se si tiene conto di quanto riesca a mettere in difficoltà lo stesso Gandalf il Bianco, nonostante la potenza del suo padrone nella Terza Era sia di parecchio affievolita (e quindi anche la sua, di riflesso), non oso immaginare quanto fosse pericoloso e letale all’apice della sua forza, quando Sauron era davvero il Signore degli Anelli. In secondo luogo, avevo bisogno di un nemico che potesse essere l’alter ego di Erfea: se ci pensa bene, sono entrambi Numenoreani di alto lignaggio, educati alla responsabilità che deriva dal potere civile e militare sul proprio popolo: queste premesse comuni, tuttavia, non hanno impedito che prendessero strade diverse. Sauron resta, certamente, il nemico per eccellenza di Erfea e dei suoi compagni: si tratta, tuttavia, di un Maia, un soggetto che, onestamente, Erfea non sarebbe mai stato in grado di vincere; il Re Stregone, invece, rappresenta un nemico posto sul suo stesso livello.
      Per quanto riguarda, infine, la tempesta del Caradhras, sono propenso a credere che nello scatenarla vi abbiano concorso due poteri alleati: quello della montagna stesso, che, stando a quanto raccontava Gimli, godeva di cattiva fama quando ancora il nome di Sauron non si era udito in quelle contrade, e dell’Oscuro Signore in persona. In quel frangente Gandalf accenna a una questione molto interessante, che purtroppo non è stata sviluppata ulteriormente nei suoi scritti: egli, infatti, afferma che Sauron dispone di molti poteri e di molti alleati. Chi siano poi questi Alleati non è dato sapere nello specifico: la mia ipotesi (molto suggestiva, lo ammetto) è che sul Caradhras si fosse rifugiato dai tempi della fine della Prima Era uno spirito demoniaco, simile a Sauron, ma meno potente, che odiava Elfi e Nani e cercava di creare loro quante più difficoltà possibili. Buona la sua idea su un post che approfondisca i poteri magici di Sauron, ci penserò su.

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      1. Per il Caradhras mi riferivo proprio a quello che diceva Gandalf ecco perché la mia ipotesi, poi da qualche parte è scritto che le montagne nebbiose furono edificate da Melkor per contrastare Orome quindi da credito alla sua ipotesi di un’entità che abita il Caradhras
        Sauron è il Nemico di tutti inferiore solo a Morgoth
        Quanto è Grande Ancalagon per lei? sulla scala dei Km?
        Dato che qui mi ha detto uno dei suoi antagonisti preferiti, me ne dice almeno 3 in ordine possibilmente comprendendo il Re Stregone se fa parte dei primi 3 e nn devono essere per forza di Tolkien, ma di tutto il suo bagaglio culturale compresi film, cartoni, fumetti (anche giappponesi), tutto e qualsiasi personaggio che lei reputa antagonista e conosce. E’ una domanda che faccio a tutti.

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      2. Molto bella la domanda sulle dimensioni di Ancalogon! Per provare ad elaborare una risposta convincente, dobbiamo considerare la sua natura di rettile: i più grandi dinosauri finora scoperti avevano dimensioni pari a 40 metri di lunghezza, 20 metri di altezza e peso stimato intorno alle 77 tonnellate. Immaginando che un animale del genere fosse anche provvisto di ali così potenti da sollevarlo, dovremmo concepire un rettile davvero imponente, con un peso (comprensivo di ali) superiore probabilmente alle 100 tonnellate, in grado, se scagliato con forza da un’altezza ragguardevole, di distruggere le torri della fortezza di Morgoth. Naturalmente possiamo poi lasciare libera la fantasia e immaginare che Ancalagon avesse dimensioni superiori al Km, tuttavia mi chiedo quale anatomia interna potesse avere un simile animale per sostenersi (penso a problemi di pressione dei vasi sanguigni, potenza cardiaca, accoppiamento, ecc. ecc.)
        Quanto alla mia classifica personale degli antagonisti è difficile paragonare personaggi che agiscono in contesti differenti l’uno dall’altro: ciò nonostante, potrei aggiungere al già citato Re Stregone, il professor Moriarty acerrimo nemico di Sherlock Holmes e Mordred del ciclo arturiano.

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      3. Magari Morgoth avrà sviluppato una versione alternativa di Lembas (crudele ovviamente) tipo pozioni degli orchi che sostenessero il titano, poi io do a lui la colpa della distruzione di tutto il Beleriand, ribadisco per me è veramente titanico Ancalagon, capace di far sembrare un nano persino Godzilla

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      4. Che Ancalagon fosse di dimensione titanica lo penso anche io, tanto più che i dinosauri che richiamavo in un mio commento precedente appartengono alla classe «Titanosauria». Però non ritengo che tutto il Beleriand sia andato distrutto a causa della sua caduta dal cielo: Tolkien si limita, d’altro canto, ad affermare che la sua carcassa portò rovina sulle torri di Angband. Ritengo, quindi che il Beleriand sia stato distrutto da scontri magici di varia misura e natura, sui quali possiamo fare solo supposizioni, e che sia sprofondato nei primissimi anni della Seconda Era: se fosse affondato immediatamente dopo la fine della Battaglia, infatti, come avrebbero fatto Eldar ed Edain a salvarsi?

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      5. Ne avevo discusso in un precedente scambio di commenti con Federico: concordo con lei che i draghi di fuoco erano più potenti dei Balrog, per questo Morgoth li tenne segreti fin quando i Valar non sembrarono vicini a distruggerlo ed allora liberò in cielo la loro potenza distruttiva. Perfino le schiere di Aman dovettero affrontare dinanzi ad Ancalogon e ai suoi figli, prima di riuscire ad ucciderli. Per quanto rigurda, invece, i draghi delle epoche successive, ritengo che, privati della forza di Morgoth e forse, come lei ha scritto in un commento precedente, anche di nutrimenti particolari, si fossero ridotti di numero e dimensione. Basti pensare che Smaug, considerato il più forte della Terza Era, fu ucciso da una sola freccia: dubito fortemente che un solo dardo, per quanto magico e diretto a un punto debole, sarebbe stato sufficiente per uccidere Ancalagon.

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      6. Conosco bene i dinosauri e le loro classificazioni anche se sono più ferrato con i Theropodi
        Solo Ancalagon e forse Glaurung possono essere superiori a un Balrog.
        Rispondendo a come hanno fatto a salvarsi: Beh usando le aquile. trovarsi lontano dalla caduta, oppure fuggire tanto ci vuole tempo che un continente sprofondi dall’interno, io immagino Ancalagon cadere su Thangorodrim e poi questo impatto genera onde d’urto e sconquassamenti da far entrare il mare nell’entro terra, io Ancalagon lo immagino di almeno 5 o 10 Km, Che ne pensa? Ma anche la sua ipotesi di incantesimi usati nn mi dispiace e la trovo interessante.

        Lei chi immagina più grande Glaurung o Smaug?

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      7. Fa piacere incontrare un altro appassionato di paleontologia!
        Beh, 5 o addirittura 10 km mi sembrano tanti…come avrebbe fatto Earendil, in caso di simili dimensioni, ad abbattere Ancalagon? Quanto al confronto Glaurung-Smaug, credo che il primo fosse più grande, almeno di dieci metri. Smag, invece, lo immagino al massimo lungo 20 metri: piccolo se paragonato a suo padre (non ricordo dove, ma mi sembra che Tolkien nelle Lettere accennò alla progenitura di Smaug, sostenendo che fosse uno dei figli o comunque discendente di Ancalagon), ma comunque più che sufficiente per terrorizzare Nani e Uomini alla fine della Terza Era.

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      8. E sì forse anche i draghi della Prima Era erano superiori a un Balrog dovevo aggiungere.
        Ovviamente Smaug no dato che Gandalf ci mette 10 giorni per battere il Balrog morendo pure

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      9. Sono d’accordo, Smaug era inferiore al Balrog di Moria: la fortuna degli abitanti della Terra di Mezzo fu che il Flagello di Durin rimase nei profondi recessi delle Montagne Nebbiose, senza attaccare altri regni, a cominciare da Lorien, che era quello geograficamente parlando più vicino. Temeva forse Galadriel e il suo potere? Probabile, ma non possiamo esserne certi.

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    2. Beh credo Earendil usa un Silmaril per sconfiggerlo (lo so che il libro nn lo dice ma è implicito o te lo lascia immaginare) e penso che impregni la sua spada con l’energia del Silmaril che è di gran lunga superiore alla fiala di Galadriel e allo stesso tempo lo usa per ridurne la visuale per poi infliggerne il colpo fatale, con la partecipazione di Thorondor che distrae la bestia proprio mentre infonde la spada con il Silmaril.
      Poi dopo aver letto i libri di Warcraft dove alcuni draghi sono veramente titanici con uno che afferra le montagne(Galakrond è il nome di questa bestia) nn mi faccio problemi a pensare ad Ancalagon sui 10 KM.
      Dica la sua

      Ps. Dove e in che sezione si può parlare di dinosauri?

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      1. Mi sembra che il Balrog qualche danno ai margini di Lorien gli abbia causati nella storia di Nimrodel e Amroth, però sì il potere di Galadriel era troppo grande, lo stesso Tolkien afferma che solo Sauron avrebbe potuto espugnare Lothlorien

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      2. Sì, effettivamente molti elfi fuggirono verso sud, quando il Balrog mise in fuga i nani di Moria, per cui è possibile ipotizzare che almeno per qualche tempo fosse uscito dalle miniere: probabilmente, però, il potere di Galadriel l’avrà costretto a nascondersi nuovamente nelle caverne dei Monti Nebbiosi.

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      3. La descrizione della morte di Ancalogon mi sembra ben costruita, ed è molto simile a quella che avevo immaginato io stesso. Affrontare un animale lungo 40 metri e pesante 80 tonnellate con una spada resterebbe comunque un’impresa leggendaria. Riflettendoci su, un altro elemento a favore della mia ipotesi potrebbe essere costituito da Vingilot, la nave di Earendil: essa, secondo me, doveva avere più o meno le stesse dimensioni di Ancalagon, altrimenti, se questo avesse avuto una lunghezza di alcuni Km, la nave stessa, che non avrebbe certo raggiunto una tale dimensione, non sarebbe stata di grande utilità per Earendil, anzi avrebbe corso il rischio di essere stritolata dalle spire del drago. Stessa considerazione per le Aquile: è vero che Tolkien sostiene che quelle della Prima Era avessero dimensioni più grandi rispetto alle loro discendenti delle epoche successive, tuttavia non riesco a immaginare aquile grandi km: è possibile che avessero le stesse dimensioni di Ancalagon e per questo riuscissero a tener loro testa.
        Per quanto rigurda i dinosauri, al momento non è prevista una sezione paleontologica: se dovessi tornare nuovamente a discutere dei draghi, tuttavia, mi piacerebbe affrontare qualche tema legato ai dinosauri.

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      4. Che Vigilot fosse usata nello scontro era scontato, beh una zanzara a noi da fastidio e penso che il vecchio Thorondor si sia comportato alla stessa maniera contro Ancalagon.

        Possiamo considerare la distruzione delle lampade un equivalente dell’estinzione del Permiano

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      5. Decisamente sì, tenendo conto che fu una delle estinzioni di massa più tremende di tutte i tempi e che sconvolse gran parte degli ecosistemi dell’epoca.

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  2. Allora, ho letto velocemente e potrebbe essermi sfuggito qualcosa… Potrei aver bisogno di una rilettura per un commento migliore, ma comunque ho apprezzato. Le parti che mi hanno colpita di più sono state l’incontro del Nazgul coi draghi e la morte eroica di Ariel (anche se non avrei voluto che morisse 😦 ). E a proposito dei Nazgul: devo assolutamente leggere gli articoli che hai dedicato loro, perché li avevo lasciati “in sospeso” e ora credo sia giunto il momento di recuperare, per capire come hai approfondito questi sinistri personaggi.
    In Erfea, invece, mi sembra di rintracciare un miscuglio di saggezza e malinconia. Non saprei dire esattamente come ho individuato questa cosa, probabilmente l’avevo già percepita in qualche lettura precedente, ma adesso l’ho “sentita” di più. Immagino sia una caratteristica tipica del personaggio…
    Per quanto riguarda il resto, be’, non ho una grandissima passione per i draghi, non quelli cattivi perlomeno 😉 ma capisco che, seguendo l’impostazione tolkieniana, tu li descriva in un certo modo.

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    1. Ti ringrazio per il tuo commento approfondito:) Dispiace anche a me che Ariel sia morta, ma dopo averci riflettuto a lungo ho pensato che una morte eroica in battaglia fosse un destino appropriato per una donna cresciuta ed educata per essere una guerriera (un discorso analogo, forse, si potrebbe fare anche per Boromir, altro soggetto interessato esclusivamente alle battaglie e che fu colpito da morte violenta). Avrei voluto (una parte di me, almeno) che Ariel avesse una storia con Aldor, ma credo che i suoi sentimenti per il biondo guerriero del Nord fossero, per così dire, troppo «acerbi» per salvarla da un destino di morte in battaglia, al quale la sua educazione militare non riuscì a sottrarla, anzi la spinse a fare quella scelta al tempo stesso eroica e tragica.
      Mi farebbe piacere se volessi leggere gli articoli sui Nazgul, perché ti aiuterebbero a comprendere meglio anche la stessa vicenda di Erfea: come scrissi in un altro commento, anche se Sauron resta il nemico principale della Terra di Mezzo, nella Seconda Era è troppo potente perché un uomo, per quanto saggio e ben addestrato come Erfea, possa misurarsi direttamente con lui. I Nazgul, invece, (in primis il Re degli Stregoni) sono l’antitesi perfetta per un eroe come lui: rappresentano, infatti, tutte le negazioni degli aspetti più nobili del nostro essere umani e in quanto tale mortali, ragion per cui erano destinati a incarnare, meglio di chiunque altro, il ruolo di «nemici ideali».
      Quanto alla descrizione di Erfea, direi proprio che hai colto nel segno: la sua personalità, soprattutto in tarda età, è caratterizzata da quel miscuglio di saggezza e malinconia tipica non solo di chi è ormai invecchiato, ma anche di una persona che ha visto crollare il suo mondo, pur sapendo (e qui c’è anche un forte senso di colpa, sul quale ritornerò, approfondendo il rapporto tra lui e Miriel) che avrebbe potuto fare di più e meglio, perlomeno in alcune circostanze.

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  3. Rileggendo questo: grande sacrificio dell’Amazzone da annoverare assolutamente tra le grandi imprese della seconda era.
    Ma Cair Andros è sempre in mano al nemico negli scontri decisivi?

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    1. Vero, secondo me la scena di Ariel che sacrifica la propria vita per salvare la città di Osgiliath è uno dei momenti più alti ed epici del «Ciclo del Marinaio». Credo che Cair Andros finisse spesso col diventare un obiettivo per il nemico perché, se non fosse riuscito a conquistarlo, avrebbe avuto una spina nel fianco mentre nel frattempo assediava le città poste a sud di questa isola (Minas Anor/Tirith e Osgiliath).

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