Nell’attesa di riprendere in mano il destino di Erfea dopo la scomparsa di Elwen, mi piace approfondire una questione legata ai suoi lontani discendenti, i Raminghi del Nord, gli eredi dello scomparso reame di Arnor. L’ispirazione per questo articolo mi è venuta dalla lettura, qualche giorno fa, di un quesito lanciato su una delle pagine Facebook dedicate al Signore degli Anelli, nel quale si chiedeva agli appassionati delle opere tolkieniane cosa potrebbe essere accaduto ai Dunedain del Nord dopo la restaurazione del regno di Arnor ad opera del re Elessar. La questione è molto interessante, non solo perché ci proietta inevitabilmente verso la Quarta Era e il dominio degli Uomini sulla Terra di Mezzo, ma soprattutto perché richiede un’analisi a metà tra il metodo di ricerca qualitativo e quello quantitativo per cercare di comprendere quale possa essere il futuro dei congiunti di Aragorn.
Cominciamo dalle promesse: nell’anno 3429 della Seconda Era, Elendil, Isildur e Anarion, accompagnati dai loro congiunti Fedeli, fuggono verso la Terra di Mezzo, per paura di finire invischiati nella follia scatenata da Ar-Pharazon per conquistare Aman, la terra dei Valar e ottenere così la vita eterna. I conti del sovrano, tuttavia, si rivelano tragicamente sbagliati e la sua impresa si conclude nel modo peggiore che si sarebbe potuto immaginare: la sua flotta viene distrutta e Numenor inabissata nelle profondità dell’Oceano. Destino diverso tocca ad Ar-Pharazon e agli uomini che con lui si erano accampati nelle Terre Beate: vengono seppelliti sotto una valanga di pietre e condannati a restare nelle Caverne dell’Oblio, dove sarebbero stati risvegliati solo al termine della Storia. Un racconto che, inevitabilmente, non può richiamare alla mente altre leggende simili, come quella che vorrebbe l’imperatore Federico I Barbarossa immerso in un sonno millennario all’interno di una grotta in Asia Minore (Anatolia) da dove si dovrebbe svegliare quando sarà giunta l’Ora. Per tacere, poi, delle più note vicende arturiane….
Ad eccezione del seguito di Ar-Pharazon, comunque, Tolkien sostiene che sopravvissero alla Caduta solo tre gruppi di Numenoreani: oltre ai già citati membri della spedizione comandata dalla famiglia di Elendil, l’autore menziona i Numenoreani che già da tempo vivevano nelle colonie che i loro avi avevano fondato nella Terra di Mezzo, come Pelargir e Annuminas. Nell’estremo Sud, infine, continuarono a sopravvivere le colonie dei Numenoreani Neri, gente che si era trasferita a vivere nella Terra di Mezzo per venerare Sauron perché erano avidi della conoscenza della sua Magia Oscura.
Fatta questa doverosa premessa storica, la prima domanda che dovremmo porci riguarda la demografia della società numenoreana: quanti abitanti vivevano a Numenor prima della sua Caduta? Per rispondere a questa domanda, è utile ricordare come nel volume «War of the Jewels» (non ancora tradotto in italiano) si accenni alla quasi estinzione degli Edain al termine della Prima Era: secondo Tolkien, probabilmente solo 10.000 tra uomini e donne erano sopravvissuti alla Guerra d’Ira. La maggior parte di loro, in seguito, fece vela verso la loro nuova patria, anche se un certo numero di Edain è probabile che possa essere rimasto nella Terra di Mezzo. Questi ultimi rappresentanti dei Secondogeniti, grazie alle arti degli Eldar e alla lunga pace che ne seguì, si moltiplicarono in fretta, fino a raggiungere una popolazione che deve essere stata ragguardevole, numericamente parlando. Non sappiamo, tuttavia, quanti fossero i Numenoreani: il bellissimo e ricco volume Atlante della Terra di Mezzo, scritto da Karen W. Fonstad, sostiene che l’Isola dell’Ovest fosse 40 volte più grande di Big Island, nelle Hawaii. Facendo due rapidi conti – e ipotizzando che i Numenoreani fossero più o meno al nostro stesso livello di scienza medica, come sembra suggerire Tolkien quando ricorda le loro arti di guarigioni al termine dell’Assedio di Gondor, definendole in grado di curare qualunque male umano, eccetto la vecchiaia – potremmo ipotizzare che a Numenor vivessero almeno 6,4 milioni di persone. Una cifra importante – data dalla moltiplicazione dell’attuale popolazione di Big Island per l’estensione di Numenor rapportata alle sue dimensioni – se paragonata a quella di altri regni tolkieniani: piccola, al contrario, se paragonata all’effettiva importanza che Numenor ricopriva nei meccanismi di potere della Seconda Era.
Quanti di questi Numenoreani potrebbero essere sopravvissuti alla Caduta? È molto difficile ipotizzare una risposta in merita: molto dipenderebbe dall’effettiva capacità di carico delle navi che furono usate da Elendil e dai suoi figli per sfuggire al disastro. Immaginando che fossero simili ai grandi galeoni di epoca moderna, potremmo azzardare un paragone con la Mayflower, la nave che nel 1620 salpò alla volta degli odierni Stati Uniti d’America: essa era in grado di portare circa 130 persone (compresi i membri dell’equipaggio). Se ipotizziamo come base di partenza 130-150 uomini per nave, allora le nove imbarcazioni numenoreane potrebbero aver salvato circa 1170-1350 Dunedain: un po’ troppo pochi, in effetti, per fondare due regni, Arnor e Gondor, nella Terra di Mezzo. Dobbiamo allora supporre che essi furono accolti da una fiorente comunità di esuli numenoreani (cui apparteneva anche Erfea, tanto per restare in tema); tuttavia Tolkien, pur ammettendo che negli anni precedenti alla Caduta molti Numenoreani avevano preferito stabilirsi nella Terra di Mezzo, non offre alcuna cifra utile per quantificare il loro numero. Possediamo, tuttavia, due indizi indiretti per cercare di avere un’idea, almeno sommaria, della popolazione dei Regni in Esilio: al termine dei colloqui imbastiti per decidere quale strategia adottare contro Sauron, infatti, Imrahil di Dol Amroth ricorda i bei tempi andati di Gondor, paragonando la piccola schiera raccolta dai Capitani dell’Ovest all’avanguardia dell’esercito di Gondor nel suo glorioso passato. Considerato che Aragorn aveva raccolto circa 7500 uomini (ma tra questi andrebbero considerati anche i Rohirrim), dovremmo immaginare che l’esercito di Gondor ai tempi del suo apogeo fosse costituito da un minimo di 21.000 uomini (se accettiamo che un terzo di loro combattessero all’avanguardia) ad un massimo di 28.000 (se invece optiamo per un rapporto retroguardia/corpo centrale dell’esercito di 1 a 2). Indubbiamente un numero di tutto rispetto; tuttavia, se confrontato con quello di altri eserciti medievali o di età moderna, appare sensibilmente piccolo (per esempio, l’armata francese alla battaglia di Azincourt nel 1415 contava tra i 36.000 e i 50.000 uomini; ancora, l’esercito della sola città Atene alla battaglia di Maratona del 490 a.C. annoverava almeno 10.000 uomini). Questo dato potrebbe gettare luce sulla popolazione globale di Gondor: considerato che mancano esempi di leva obbligatoria nei romanzi di Tolkien, e dato perciò per assunto che l’esercito del regno del Sud fosse costituito solo da professionisti, potremmo immaginare che la sua popolazione fosse compresa tra i 300.000 abitanti (un soldato per ogni dieci abitanti), fino ad un massimo di 1.500.000 (un soldato per ogni cinquanta abitanti). Un dato, quest’ultimo, che confermerebbe la bassa densità demografica del regno di Gondor, considerato che alla sua massima espansione territoriale, la sua superficie era pari a circa 700.000 miglia quadrate. A complicare la questione, inoltre, bisogna considerare che Imrahil avrebbe potuto fare riferimento all’esercito di Gondor in un altro momento storico di grande sviluppo del Regno del Sud, quale, per esempio, quello connesso con la dinastia dei Re Navigatori fra il IX e il XII secolo della Terza Era…
Nel regno di Arnor, la cui estensione non superò mai le 250.000 miglia quadrate di superficie, la situazione avrebbe potuto essere anche peggiore, sotto un punto di vista demografico: nel racconto dedicato al disastro dei Campi Iridati, presente nel volume «Racconti incompiuti», Tolkien sostiene che la perdita dei 200 uomini che componevano la guardia del corpo di Isildur arrecò un grave colpo alla stabilità del regno di Arnor, la cui popolazione risultò sempre inferiore rispetto a quella del suo gemello meridionale.
È questo un concetto che spiega molto bene Elrond, durante il consiglio con i rappresentanti dei Popoli Liberi: «A nord, dopo la guerra e la catastrofe di Campo Gaggiolo, gli Uomini dell’Ovesturia erano scemati, e la città di Annuminas vicino al Lago Evendim cadde in rovina; e gli eredi di Valandil si trasferirono a Fornost sulle alte Lande del Nord, ed anche lì ora tutto è desolazione. […] Il popolo di Arnor infatti si estinse, e i suoi nemici lo divorarono, e la loro signoria scomparve, lasciando soltanto tumuli verdi sulle colline erbose» (SdA, p. 199).
Potremmo quindi azzardare un paragone con la storia greca e più precisamente con Sparta, il cui sovrano, in epoca classica, era protetto da una guardia del corpo di 300 uomini (i famosi protagonisti dell’omonimo film del 2007). Oltre a questi soldati, Sparta poteva mettere in campo circa 10.000 soldati: quindi, utilizzando l’ipotesi precedente, potremmo stabilire in circa 100.000 unità la popolazione del regno di Arnor (soglia minima) e 500.000 (soglia massima). Si comprende bene, perché, dunque, con la tripartizione del regno del Nord avvenuta nell’anno 861 della Terza Era, Arthedain, Cardolan e Rhudaur, le nuove entità statali succedutesi allo scomparso regno di Arnor, fossero divenute facili prede del Re degli Stregoni di Angmar (il capitano dei Nazgul).
E giungiamo così, dopo questa lunga premessa (che spero i miei lettori mi perdoneranno) alla scomparsa dell’Arthedain – ultimo dei regni dei Dunedain nel Nord – nell’anno 1974 della Terza Era: Tolkien scrive chiaramente che, nonostante la distruzione, avvenuta nel corso dell’anno successivo, della potenza di Angmar, resa possibile grazie alla collaborazione fra forze di Gondor, degli elfi del Lindon e dei supersititi dell’Arthedain, non fu possibile più restaurare alcun organismo statale al Nord. Una delle maggiori cause a favore di questa scelta potrebbe essere stata la drastica riduzione della sua popolazione, che non riuscì più a riprendersi dalle distruzioni e dai lutti della guerra, nonostante la linea regale fosse sopravvissuta: i pochi sopravvissuti alla caduta dell’Arthedain divennero noti come i Raminghi, probabilmente perché persero i connotati tipici di una civiltà urbana a favore di un maggior nomadismo. Un destino invero infelice per gli eredi di un popolo che, stando a quanto riferì Ghan-Buri-Ghan a Theoden, utilizzavano tanta di quella pietra per le loro costruzione da far credere che fosse il loro alimento preferito!
Quanti Dunedain sopravvissero a Nord? È molto difficile dare una risposta a questa domanda: nel dialogo che segue fra Gandalf e Frodo dopo il risveglio di questi nella casa di Elrond, lo stregone non sembra essere molto fiducioso nelle capacità di recupero dei discendenti di Numenor, perlomeno di quelli stabilitisi al Nord: «La stirpe dei Re venuti dall’altra sponda del Mare è quasi estinta. È probabile che questa Guerra dell’Anello sia la loro ultima avventura» (SdA, p. 181) Nel corso del romanzo, alla vigilia della grande guerra contro Sauron, Aragorn viene soccorso dalla Compagnia Grigia; Halbarad, portavoce della Compagnia, così si esprime in merito alla sua formazione: «Ho trenta Uomini con me […] Tutti coloro che riuscii a radunare in fretta; ma anche i fratelli Elladan ed Elrohir fanno parte del gruppo» (SdA, p. 589).
Queste indicazioni, se pur scarne, possono aiutarci ad abbozzare una tesi, per quanto essa possa sembrare semplice, quasi rudimentale: è possibile, infatti, che la Grigia Compagnia fosse costituita dai Dunedain che abitavano o comunque agivano nei pressi di Gran Burrone; questa ipotesi si regge sulla compartecipazione dei figli di Elrond alla Compagnia. Se questi Raminghi, infatti, fossero giunti a Rohan da altre regioni del regno scomparso di Arnor avrebbero probabilmente impiegato molto più tempo ad arrivare; senza considerare che, con ogni probabilità, fu Galadriel a comunicare ad Elrond la necessità che i superstiti del popolo di Numenor si radunassero per aiutare Aragorn nella sua missione. Per inciso, questa circostanza ci permette di approfondire un’interessante questione: come facevano Galadriel ed Elrond a comunicare a distanza? Sembra possibile che essi potessero parlare telepaticamente, come sembra sia avvenuto, per esempio, al termine della Guerra dell’Anello, quando, durante le notti, essi erano soliti chiacchierare con Gandalf senza però pronunciare parola.
Tornando alla questione demografica dei Raminghi, ad ogni modo, il numero di trenta uomini sembra molto esiguo: le parole di Halbarad, comunque, sembrano alludere alla presenza di altri Raminghi sparsi nelle regioni dell’ex regno di Arnor, ma non ci dicono altro. Nei «Racconti Incompiuti» si accenna, in una delle tante versioni scritte da Tolkien della caccia all’Anello tentata dai Nazgul, ad uno scontro che sarebbe accaduto tra i Raminghi e i Cavalieri Neri per impedire agli Spettri dell’Anello di entrare nella Contea. Dalla scarna narrazione delineata dall’autore si può intuire che vi fossero almeno una decina di Raminghi: ma anche volendo considerare quest’altro piccolo gruppo, saremmo ancora a 40 uomini. Immaginando che per ogni uomo in assetto di guerra vi fossero almeno una donna, un/a bimbo/a e un anziano, potremmo arrivare a 120 persone. Stando al racconto che narra Gandalf ad Omorzo, al ritorno a Brea dopo la caduta di Sauron, i Raminghi abitavano ancora fra le rovine di Fornost: dobbiamo quindi considerare una loro presenza anche in quella che era stata un tempo la capitale dell’Arthedain. Con uno sforzo ulteriore di speculazione, quindi, potremmo immaginare che vi fossero almeno 100 Raminghi, ed avere una popolazione pari a circa 400 individui, simile a quella che attualmente abita un piccolo paese in Italia.
Decisamente troppo pochi per rifondare un Regno.
Se questa teoria fosse vera, giustificherebbe i timori di Gandalf in merito alla possibile estinzione dei Dunedain, in caso avesse vinto Sauron, alla fine della Guerra dell’Anello. Anche arrivando a ipotizzare 1000 abitanti sparsi nelle regioni che un tempo appartenevano ad Arnor, resterebbe un numero troppo basso di abitanti per poter ricolonizzare quelle terre. Concludo questo lungo articolo ipotizzando che la ripresa di Arnor avvenne solo grazie all’emigrazione massiccia di Uomini dalle regioni meridionali della Terra di Mezzo: si può supporre che i Dunedain superstiti fossero stati integrati nella nuova società del regno, magari assumendo cariche di primo piano a livello politico e finendo così per costituire la «nuova» nobiltà del rifondato Regno del Nord.