Storia di Miriel – La minaccia di Pharazon

Continuo in questo articolo la narrazione degli eventi che condussero alla fine del regno di Numenor e alla presa del potere da parte di Pharazon, cugino di primo grado della principessa Miriel. Fino a questo momento, salvo un breve accenno contenuto nell’articolo Sauron, il politico, di questo importante personaggio non è stato ancora detto molto; ebbene, questo è il primo articolo nel quale assisteremo a un incontro fra lui ed Erfea, nel quale si coglierà la profonda antipatia esistente tra i due principi, per altro coetanei…risentimento che, a ben vedere, non può essere (solo) dovuto alla presenza di Miriel, ma che riguarda, più in generale, due opposte concezione politiche sul futuro di Numenor…

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«Trascorso qualche tempo, ecco che nuovamente il sovrano convocò ad Armenelos l’erede della casata degli Hyarrostar.Sofferente parve ad Erfea Tar-Palantir, quando gli fu di fronte, come se anni interi gli fossero piombati repentinamente sulle spalle; eppure, in fondo allo sguardo, covava ancora la luce dei giorni ormai andati all’occaso e fiera echeggiava la sua voce nel salone del trono:
“Salute a te, figlio di Gilnar! Poiché il tempo è ormai giunto a maturazione, ecco che ti ho convocato nuovamente innanzi a me. Anziani sono diventati i miei occhi e il ricordo delle cose che furono comincia lentamente a sbiadire, come la luce del giorno morente. Non ti tratterrò a lungo in tale luogo, onya, ché sono solo il latore di due messaggi”.
Sorrise il sovrano, ma era il suo un riso amaro, quasi beffardo: “Suvvia principe! Entrambi conosciamo il motivo per cui ti ho convocato e se non hai parlato è solo perché non ti ho ancora dato tale diritto; tuttavia non dubito che in tutto questo tempo abbia taciuto per una ragione nota solamente a te, la quale posso bene immaginare”.
Erfea attese a lungo, infine prese la parola: “Infiniti sono i sentieri che le menti degli uomini devono percorrere per raggiungere i medesimi obiettivi, le une più lunghe, le altre più brevi. Qual è il senso di tutto questo, mi chiedi? Ebbene, non credere che io voglia mancarti di rispetto, tuttavia è innegabile che il mandante dei messaggi non abbia fatto che aumentare la tua apprensione”.
“Tutto quanto chiedi richiede tempo, giovane Dunadan” ribatté il sovrano.
“Tempo? – ribatté Erfea – Tempo?  Forse è come dici tu; io però non ho il potere di modificarlo, né di prevedere quale sia il suo fine ultimo. Non mi sbaglio, affermando forse che il primo messaggero altri non è che mio padre Gilnar? Ben mi avvedo di quanto il contenuto del messaggio mi riguardi; tuttavia se è in mio potere chiederti una grazia, ti imploro di valutare a lungo la seconda proposta”.
Tale fu la replica di Erfea, e il sovrano parole non trovò per opporvisi, ché in quel momento Pharazon, nipote del re e capitano dei Numenoreani Neri, fece il suo ingresso nella sala, senza che l’araldo avesse avuto il tempo di annunciarlo, tanta era la fretta che costui mostrava.
Giunto che fu innanzi al trono, il principe si inchinò leggermente, pronunciando tali parole:
“Sovrano di Numenor, salute e onore a te! Lieto sono nel vederti in buona salute, nonostante l’età che implacabilmente avanza. Non occuperò il tuo prezioso tempo a lungo, che ben vedo quali altri graditi ospiti attendono in disparte, – soggiunse poi alludendo ad Erfea – vorrei però che tu prendessi seriamente in considerazione l’idea che tempo fa ti proposi. Non ho altro da aggiungere, se non rimembrarti che il Consiglio dello Scettro è ormai prossimo. Quanto a voi, principe degli Hyarrostar – si rivolse poi ad Erfea – avremo occasione di approfondire la nostra conoscenza, affinché essa possa essere proficua per entrambi”.
Rise Pharazon, mentre si allontanava a grandi passi, ma la voce di Erfea lo bloccò sulla soglia della porta:
“Il Consiglio dello Scettro è prossimo Pharzon; tuttavia, ora comprendo quali siano realmente le vostre intenzioni. La mia scelta dovrà forse essere quella di sottomettermi a Sauron, oppure al suo burattino? Ebbene io percorrerò una terza via, che voi lo vogliate o no”. Stupito Tar-Palantir osservò Erfea Morluin, in cuor suo chiedendosi se davvero avesse udito parole di sfida; tuttavia, lesta fu la reazione di Pharazon, tale da impedirgli la possibilità di intervenire:
“Attento principe, voi vi inimicate molto più che il fato o il vostro destino; voi sfidate il suo artefice” concluse beffardo il nipote del re. Erfea non ripose, ma lo fissò a lungo negli occhi, finché Pharazon furioso non si portò la mano alla spada.
“In questo luogo è proibito adoperare armi, figlio di Gimilkhad[1]. Ti ordino di allontanarti immediatamente dalla mia vista. Tar-Palantir è ancora il sovrano”. Così potente aveva risuonato la voce del re di Numenor che Pharazon rinfoderò la spada, furente ed irato: “Sappi, o re, che vi sono al mondo altri poteri, sui quali esercito il mio dominio. Sono anch’io un sovrano, non lo sapevi?”.
Non appena il giovane capitano dei Numenoreani Neri si fu allontanato dalla sala, così si rivolse Tar-Palantir ad Erfea: “Dure come adamante sono state le tue parole; tuttavia non saprei dire quanto veritiere. I miei sensi si indeboliscono ogni giorno di più e dell’antico potere è rimasto ben poco”.
“Mio signore – gli rispose Erfea – sono fermamente convinto di quanto ho affermato, e sarei pronto a pronunciare ancora tali parole, se necessario. Troppo a lungo Pharazon ho tenuto a freno la sua ira, troppo a lungo ha atteso la sua vendetta. Egli è potente ora, proprietario di numerosi cantieri navali e di armerie. Ha molti alleati nelle nostre fortezze della Terra di Mezzo, specialmente nel sud-est del continente. Umbar è ormai caduta sotto il suo controllo e così pure altre città della costa. Non solo Numenoreani lo seguono, ma anche mercenari senza scrupolo e altri esseri malvagi. Devi considerare attentamente la mia preghiera, signore di Elenna. Entrambi vogliamo preservare il bene di Numenor e conosciamo quale debba essere la strada da percorrere”. Tar-Palantir lo ascoltò con attenzione, infine sospirò: “Quanti anni sono trascorsi da quando le ultime vele giunsero alle mostre spiagge da Eressea, onya? Invano ho atteso, durante tutto questo tempo, un segno dei Signori dell’Occidente. Eppure, mentre la tenebra comincia ad infilarsi persino nel mio cuore morente, mi chiedo se la mia attesa debba  ormai concludersi qui. Non ho la forza di attendere quel giorno, giovane Dunadan. Non più.”

Triste, Erfea si congedò dal sovrano, ché la sua vista e il suo udito avevano osservato e ascoltato pensieri tali da rendere il suo animo stanco e depresso.

Rapidi, trascorsero i giorni di Laire[2], mentre Ulmo riposava sotto le calme acque dell’oceano; e ancor più fulminei, ecco che nubi gravide di sventura si abbatterono su Numenor. Ombre si aggiravano, silenti eppure mortali: parola mai essi adoperavano, che altrove risiedeva la loro voce, ma osservavano, afferravano e istigavano, invisibili agli occhi dei mortali, eccetto quelli che si piegavano al volere che le comandava.
Molto crebbe in numero e potenza il partito dei Numenoreani Neri ed ecco essi ebbero un nuovo signore a guidarli. Lungo tempo egli aveva trascorso in esilio, lontano da Elenna, dimorando negli aridi deserti del Khand e del Variag; figlio e nipote di re, aveva raggiunto un potere quale mai nessun mortale era stato in grado di apprendere. Er-Murazor veniva chiamato, Il Principe Nero; mai rivelò quale fosse la sua vera ascendenza, ché ben pochi tra i mortali erano in grado di sopportarne anche solo la vicinanza. In seguito, tuttavia, si apprese che egli era il Signore dei Nazgul, inviato da Sauron di Mordor, per seminare discordia tra i Numenoreani, e sebbene egli celasse la sua vera natura sotto spoglie mortali, pure il suo mortale potere ebbe modo di manifestarsi in innumerevoli occasioni, durante la sua permanenza a Numenor; presto entrò in contatto con Pharazon e lo trovò utile per i suoi malvagi scopi. Naturalmente, ben poche di queste notizie giunsero a Tar-Palantir, ché egli prestava ascolto solo ad antiche vicende accadute in tempi remoti; sovente si recava alla grande torre che dava sulla baia di Elenna[3], scrutando l’oceano in cerca delle vele provenienti da Tol-Eressea, senza fortuna.
Infine, non potendo ritardare oltre, Tar-Palantir si decise a convocare il Consiglio dello Scettro e il Senato per valutare attentamente la situazione che si era venuta a costituire.
In quei giorni crebbe il timore per una nuova guerra civile, ché i Numenoreani Neri avevano accresciuto di molto la loro influenza, destando preoccupazione tra i Dunedain; non appena fu deciso che il Consiglio dello Scettro e il Senato si sarebbero dovuti tenere a Yaramie[4], a metà del mese, entrambe le parti compresero l’importanza che le decisioni prese in quella assemblea avrebbero comportato.
Una sera d’Urime[5], Erfea camminava pensoso lungo un boschetto di malinorne[6], quand’ecco gli si appressò Amandil, signore della casata di Andunie:
“Salute a te, figlio di Gilnar! La tempesta è vicina e giunge l’ora in cui le nostre spade dovranno essere sguainate insieme, a difesa della nostra Numenor”.
“Mio signore Amandil, molto temo l’approssimarsi del Consiglio dello Scettro, ché ben mi avvedo quanto il braccio di Sauron sia diventato lungo. Tuttavia, ogni speranza non è vana, finché Tar-Palantir detiene lo scettro”.
Amandil sospirò, poi lentamente rispose: “Erfea Morluin, non ti nascondo che le tue paure sono anche le mie, ché molte sono le cose da temere in questi giorni oscuri. Se il sovrano è intenzionato a compiere la sua scelta, allora egli avrà bisogno di tutto l’aiuto possibile”.
Erfea annuì, poi replicò: “Le tue parole sono sagge, ma sono il parto di una mente lucida. Io e te sappiamo bene che la mente del sovrano vacilla: temo che egli non si opporrà, come dovrebbe essere suo diritto, qualora il Consiglio dello Scettro dovesse rendere nulla la sua scelta. E’ questo che io pavento maggiormente”.
A lungo Amandil considerò quanto il figlio di Gilnar aveva detto, poi continuò: “Davvero bizzarri paiono i destini dei mortali! Siamo nella nostra dimora e ivi dobbiamo temere il nemico! Se tale si configura il corso degli eventi, non oso immaginare quali possono essere le conseguenze”.
“No Amandil, questa situazione è  figlia della follia degli uomini. Noi siamo come costruttori: possiamo edificare mura e torri elevate, pari a quelle di Valinor, ma non possiamo impedire che la follia prenda il sopravvento sulla ragione, portando il nemico dove mai sarebbe giunto altrimenti. Abbiamo vegliato su Numenor per molti secoli, tuttavia è necessario che la scelta del sovrano sia giusta, se non vogliamo che non rimanga nessuna terra da difendere”.
Annuì Amandil, e parole i due uomini più non pronunciarono, sebbene la sensazione di opprimenza e di sconforto non abbandonasse nessuno dei due.

Note

[1] Fratello di Tar-Palantir e capitano della fazione dei Numenoreani Neri: morì durante un’imboscata tesagli dai Variag del Khand nel 3175 della Seconda Era.

[2] L’estate, nella lingua degli Eldar.

[3] Baia posta nel versante occidentale di Numenor, nei pressi della città di Andunie.

[4] Settembre, nella lingua degli Eldar.

[5] Agosto, nella lingua degli Eldar.

[6] Specie vegetale appartenente alla famiglia delle quercie, endemica di Numenor.