Care lettrici, cari lettori,
nell’articolo pubblicato in questa settimana, avrei iniziato a trascrivere il racconto de «Il Marinaio e la Grande Battaglia», che conclude il mio Ciclo del Marinaio. Non potevo, però, non lasciare spazio alla prima illustrazione a colori dei personaggi dei miei racconti: per questo primo esperimento in tale verso, indeciso com’ero tra Miriel ed Erfea, ho optato per la principessa numenoreana, che Tolkien descrisse come la più bella delle figlie degli Uomini della sua epoca. Lascio a voi commenti e osservazioni: personalmente ho trovato questa illustrazione stupenda, sia per la ricchezza dei dettagli, che per la bellezza struggente che la mano sapiente di Livia De Simone ha saputo tratteggiare e colorare.
Vi suggerisco di visitare il suo sito http://www.liviadesimone.com/, perché contiene una nutrita sezione di immagini a tema tolkieniano (tra le quali una menzione speciale merita una stupenda Galadriel, un soggetto, a mio parere, molto difficile da ritrarre).
Concludo il mio articolo presentandovi un altro brano tratto dal racconto che (provvisoriamente) ho intitolato «Il racconto della Rosa e del Mare» e che narra dell’adolescenza di Miriel e dei segreti che ne condizionarono l’esistenza. Se volete leggere (o rileggere) il principio di questo nuovo racconto, vi rimando qui.
Buona lettura, aspetto i vostri commenti!
«L’uomo era stato presente alla nascita dell’ultimo erede della gloriosa casata degli Hyarrostar, discendente del figlio minore di Elros Tar-Minyatur: aveva riposto grandi speranze nel giovane Erfea, ché lo riteneva uno dei migliori Uomini del suo tempo, nonostante un’ombra gravasse sul suo destino ed egli fosse scarsamente considerato a corte, ché era ostile al partito dei Fedeli del Re e non si piegava alla loro volontà, né alle loro leggi, disprezzandole e, per tale ragione, divenendo a sua volta oggetto di maldicenze ed ingiurie. Nella sua lungimiranza, tuttavia, non avrebbe osato immaginare quale sarebbe stata la sua reazione dinanzi alla figlia che quel pomeriggio gli aveva inviato, ed ora il resoconto di quell’incontro lo rasserenava; non che egli avesse avuto altra scelta, dopotutto. Aveva profonda convinzione, infatti, che Miriel presto o tardi avrebbe desiderato conoscere qualcuno della sua età, che potesse mostrarle amicizia e rispetto: né avrebbe trovato queste caratteristiche in alcuno della sua famiglia, i cui membri, per la maggior parte, erano servi del sovrano ed ostili a quanti avversavano il suo credo. Quanto agli altri principi di sangue, valevano le medesime considerazioni espresse sulla propria famiglia: non poteva fare affidamento su nessuno di loro, ché essi si erano dimostrati in passato ostili alla sua persona o alle sue convinzioni; e tuttavia, Erfea non era stato l’unico sul quale l’uomo aveva posto il suo sguardo lungimirante e indagatore. Vi era stato un tempo, infatti, nel quale aveva preso in grande considerazione Arthol, principe del Mittelmar: era un giovane Uomo dall’aspetto vigoroso, dal viso severo e dal linguaggio forbito; tuttavia, tosto l’aveva escluso dalle sue riflessioni, ché si era accorto essere presente nel suo animo una grande ambizione che, temeva, avrebbe finito col distruggere la sua esistenza e quella delle persone a lui più vicine. Considerazioni diverse, e tuttavia caratterizzate dalla medesima triste ritrosia, inoltre, l’Uomo aveva espresso su Brethil; anch’egli era un principe ostile ai Numenoreani del Re, eppure si rammaricava di non poter posare su di lui il suo benevolo sguardo, ché sapeva essere tale giovane ostile al destino che un giorno ancora lontano avrebbe plasmato con tutta la sua preponderante forza l’esistenza della sua unica figlia.
“Il vostro sembiante era lieto, fino a qualche istante or sono – la cristallina voce di sua figlia interruppe così le sue meditazioni. – Mi è parso di scorgere un’ombra sul vostro volto, come l’atavica paura di una condanna alla quale voi avete opposto da molti anni un secco diniego”. “Non vi è nulla che mi turbi – così le rispose il padre – a meno che io non debba temere di posare il mio sguardo ove l’Ombra è più penetrante. Eppure – concluse rivolgendo il suo sguardo verso l’Occidente – perché mai queste preoccupazioni? La Tenebra non è ancora calata sul Menelterma”. Gli ultimi raggi morenti del pallido sole primaverile lambivano ancora le pendici delle dimore signorili che si ergevano, simili a torri algide che mai luce estiva avrebbe potuto riscaldare, lungo le pendici del monte, lontano dalla capitale Armenelos, ove il fetore e l’inganno regnavano sovrani. Egli attese l’ultimo saluto del Sole, infine così congedò sua figlia: «Ebbene, ho ascoltato le parole che la tua bocca ha pronunciato e non ho ignorato i sentimenti che invano reprimi nel tuo animo; possano esserti di conforto, quando l’inganno verrà svelato”. Furente, la fanciulla levò di scatto la sua esile figura: per lungo tempo i suoi chiari occhi sostennero il suo sguardo, infine, stanca per quel confronto, volle congedarsi, non prima, tuttavia, di avergli rivolto un’ultima volta la parola: «Sei sovrano fra gli Uomini e ogni tuo desiderio è legge; io, però, non accetterò, supina, che altri debba decidere il mio Fato. Ho agito sotto un tuo comando e vorrei che tu esprimessi gratitudine per il mio gesto; se, tuttavia, la gioia che provo per questo incontro a lungo concertato è superiore a quella che una figlia ossequiente dovrebbe provare nei confronti del proprio padre, ebbene, lascia che sia io a stabilirlo». Inchinatasi leggermente, ella abbandonò la sala sdegnata; lo sguardo febbrile di suo padre la seguì sino quanto l’eco dei suoi leggiadri passi non si fu spento in lontananza, infine sospirò lentamente, rivolgendo la sua attenzione ad un’altra figura che, silente, attendeva nascosta»
Suggerimenti di lettura
Ritratti – Miriel ed Erfea…e un nuovo racconto