Il coraggio di Morwin e la morte di Oropher e Amdir

Care lettrici, cari lettori,
proseguo la narrazione della prima battaglia combattuta dinanzi ai Cancelli Neri: nel precedente articolo, Il primo attacco ai Cancelli Neri, ho spiegato quali erano stati i piani di guerra concepiti da Oropher e Amdir per annientare le forze schierate da Sauron a difesa dei Cancelli Neri. In questo articolo, invece, vedremo quali furono le conseguenze di questo atto infausto…

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

«Nulla avrebbe potuto sospettare Oropher di quanto stava per accadere, né egli aveva mai mirato i possenti animali provenienti dalle remote contrade dell’Harad e del Khand; atterriti, i suoi soldati furono spazzati via dalla ferocia delle armate di Indur, quinto in possanza fra coloro che servono l’Occhio: egli stesso fu trafitto da un dardo che un capitano haradrim aveva scagliato dal suo imponente baldacchino d’oro ed avorio intarsiato e vacillò; lesta, la morte predatrice l’avrebbe colto, se in quell’ora oscura, non fosse apparso – nessuno avrebbe potuto dire da quale contrada proveniente – Morwin il fabbro, sire di Edhellond in esilio.

“Elwen, Elwen!” urlava il Noldo e i servi di Mordor indietreggiavano innanzi a lui, ché grande era la sua furia ed essi temevano la maestria con cui manovrava la sua nera lama; logori erano ormai divenuti i suoi abiti, ché egli aveva trascorso innumerevoli anni nelle steppe e nei deserti di Endor ed il suo sembiante era spaventoso a vedersi. Egli sollevò con forza il corpo di Oropher  e lo trasse fuori dalla mischia, infine abbatté con un colpo portentoso un mumakil che incombeva minaccioso sopra il suo capo: in preda al panico, orchi ed altre creature abbandonarono la preda; non fuggì tuttavia Dwar, ché odio sorse nel suo nero animo e, celere, levò la sua mazza forgiata nell’acciaio di Hent sovra il capo del principe Noldo, il quale, impegnato a sostenere l’attacco di un troll, non si avvide del nazgul alle sue spalle. Con violenza si abbatté allora la pesante arma di colui che i suoi seguaci chiamavano Signore dei Cani, sicché l’elmo e il capo di Morwin furono frantumati ed egli perì, non prima di aver inferto un mortale colpo al basso ventre del mostro; allora il suo corpo fu dilaniato dalle bestie di Dwar, ché egli provava avversione verso colui che gli aveva impedito di ottenere la vittoria.

Oropher, sopravvissuto alla freccia dell’haradrim, si avvide tuttavia che essa era stata intinta in un veleno quale mai la scienza del suo popolo avrebbe saputo curare; amaro rimorso provò allora nel suo morente cuore, ché si avvide che la fine era prossima ed ogni sua azione destinata a fallire. Lesto, allora, convocò a sé Thranduil, il quale resisteva con la forza della disperazione alle armate di Indur e Dwar e, ponendo la corona sul suo capo, così si congedò da lui: “Vani sono stati i nostri intendimenti e ancor più vana è stata ogni nostra azione; conduci, dunque, i superstiti del nostro popolo all’accampamento dell’Alleanza e pentiti di quanto il tuo cuore ha nutrito e nutre ancora, ché non vi sarà possibilità di vittoria, se non affronterete le schiere di Sauron uniti negli intenti e negli atti; troppo grande è infatti la ferocia e il numero delle schiere di Mordor e ben m’avvedo quanto sia stato folle il mio volere. La mia vista si annebbia e il ricordo di quanto fu svanisce lentamente dal mio cuore, tuttavia sappi che la salvezza giungerà da parte di coloro che noi a lungo odiammo”. Infine spirò e Thranduil fu chiamato re dai suoi sudditi e dagli elfi del Lorien, ché nessuno sapeva quale fosse stato il destino di Amdìr; si narra, tuttavia, che egli, gravemente ferito da un segugio di Dwar, fosse stato avvistato da Gilhith, un cavaliere della sua casa e che a costui avesse rivolto tali parole: “Addio, fratello! Ferito è il mio corpo ed esso non sopravvivrà alla notte incombente!”

Pietà sorse allora nel cuore del suo suddito e volentieri gli avrebbe ceduto il destriero, ché egli potesse salvarsi e condurre il suo popolo alla salvezza; ogni preghiera fu tuttavia vana, ché così gli parlò il sovrano del Lorien: “Innumerevoli vite sono state oggi spezzate a causa della mia debolezza d’animo, sicché non desidero che in vece mia debba sacrificarsi un altro elfo”. Addolorato in volto, Gilhith allora gli si prostrò, e, presagli la mano, lo rincuorò con simili parole: “Mio signore, ben m’avvedo come crudele sia il fato, ché invano ti opponesti alla follia di Oropher e se lo seguisti fu solo per amore della sua stirpe; tuttavia, se tale sarà il tuo desiderio, ti condurrò ove le tue ferite saranno sanate ed i tuoi giorni rinnovati”. Fermo nel suo proposito restò però il sovrano del Lorien e lo congedò con amare parole: “Fuggi via da questo campo di battaglia ed avvisa Gil-Galad, ché egli fortifichi il suo accampamento e si prepari allo scontro. Quanto a me – soggiunse pallido in volto – lascia pure che il mio corpo perisca in questa strage dei miei guerrieri, ché non si dica che io sia sopravvissuto laddove caddero elfi ben più valorosi di me, o che io sia divenuto l’accusatore di un congiunto per difendere la mia innocenza con la colpa di un altro”. Restio ad abbandonare il corpo del sovrano era Gilhith, tuttavia il suo cavallo si impennò e lo condusse lontano dalla pugna, ché i destrieri elfici, non avvezzi al penetrante odore dei possenti mumakil, non ne tolleravano la vicinanza; Amdìr fu invece travolto dai corpi di costoro e la sua salma non fu mai più recuperata».

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