I piani di battaglia per la Dagorlad

Care lettrici, cari lettori,
con questo articolo siamo ormai prossimi al momento cruciale della narrazione, ossia alla battaglia finale tra gli Eserciti dell’Ultima Alleanza e le forze dell’Oscuro Signore. L’arrivo di Thranduil e dei superstiti delle sue schiere ridà slancio alle armate dei Popoli Liberi, convinte ormai che lo scontro sia inevitabile e che per questa ragione sia necessario approntare un piano di battaglia perfetto e forse non del tutto ortodosso, come avrete modo di leggere in questo articolo…

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

«Sospirò Gil-Galad, ché ora comprendeva quali eventi si sarebbero presto scatenati e rimpianse ancora una volta di non aver saputo impedire ad Oropher e ad Amdìr di prendere le armi contro Sauron sì avventatamente. Elendil, tuttavia, comprese i suoi pensieri, sicché gli parlò per rincuorarlo: “Nello sguardo di Amdìr noi tutti leggemmo la morte ed egli ne era consapevole; non rimpiangere chi, o re, ha compiuto il suo destino soddisfacendo il suo volere, fosse questo folle o meno”.

“Pure, sovrano dei Dunedain, il mio cuore versa lacrime amare, ché non solo quelli che caddero dinanzi alle porte di Mordor, ma anche i nostri destini la vanagloria di Oropher ha condotto a tale destino infausto; se anche alcuni fra loro fossero riusciti, infatti, ad avere salva la vita, pure saremo costretti a modificare ogni nostra strategia, avendo subito gravi ferite ancor prima che l’assedio avesse inizio”.

“Non perdere ogni speranza, mio signore – interloquì allora Elrond, saggio fra gli Eldar quanto fra gli Edain – ché, sebbene il Nazgul non mentisse, i destini ultimi di coloro che intraprendono azioni avventate sono sconosciuti ai figli di Iluvatar così come a coloro che ne contrastano i voleri; se è vero – e questo temo che nessuno fra noi potrebbe negarlo – che in codesta sacca siano contenute le spoglie mortali di Oropher, pure nessuna notizia è ancora giunta di Thranduil o di Amdìr ed è possibile che essi siano scampati al massacro e che possano presto far ritorno ai nostri accampamenti”.

Tali furono le parole che il figlio di Earendil pronunziò in quell’ora oscura, né alcuno gli ripose, ché essi condividevano le medesime paure dell’Alto re dei Noldor e si dolevano per non esser riusciti ad impedire al folle Sindar di desistere dai suoi folli intenti.

Fredda trascorse la notte e cupi furono i sogni dei condottieri dell’Alleanza; pure, il mattino giunse foriero di buone novelle, ché essi furono destati da alte grida di giubilo e corsero fuori dall’accampamento, ansiosi di apprendere quanto stava accadendo. Un elfo era innanzi a loro, simile, eppur dissimile a quello che, alcuni giorni prima, aveva pronunziato parole ostili nei confronti di quanti avevano, saggiamente e vanamente, tentato di contrastare il folle progetto del padre; ammaccata era la sua armatura e bende rosse ornavano le ferite che egli non aveva tema di mostrare; pure, chino divenne il suo capo, allorché Gil-Galad gli si approssimò e colme di vergogna erano le sue parole:

“Re dei Noldor, gli eventi di recente accaduti mi hanno mostrato come sia superiore fra quanti professano di aver appreso l’arte del comando colui che è in grado di condurre le proprie schiere alla vittoria senza nulla cedere al nemico; inferiore a questi, se pur di poco, è chi sia ben disposto ad obbedire al saggio e lungimirante consigliere: infimo è infine colui che si vanta di essere glorioso comandante ancor prima che la pugna ne abbia rivelato il suo valore e che non si mostri favorevole ad accettare nel suo cuore la saggezza che altri posseggono. Cieco è stato il mio animo, ché esso non si è avveduto che Iluvatar non l’ha dotato di sufficiente lungimiranza per condurre i propri soldati alla vittoria; tuttavia, poiché non si dica che la mia mente oblii quanto i miei occhi hanno scorto, pure io desidero rimettere il mio destino nelle mani dell’Alto Re degli Eldar in esilio, perché egli abbia pietà di me e possa insegnarmi l’arte del comando.”

Piacquero al figlio di Fingon le parole che Thranduil gli aveva rivolto, sicché, sollevato il capo che costui teneva chino, così gli rispose: “Re degli elfi di Bosco Verde il Grande, hai testé dichiarato, innanzi ai Capitani dell’Alleanza, quanto orrore provi il tuo animo per gli infausti gesti che compisti alcuni giorni fa, né io proclamerò l’autorità presso la tua gente decaduta, ché invero il mio cuore mi dice che grande saggezza acquisirai dal ricordo di quanto accaduto ed i tuoi giorni saranno lieti e gloriosi. Vendichiamo ora la sconfitta dei tuoi padri e più regnino le discordie tra coloro che seguono un’unica causa!”

Lieto divenne allora il viso di Thranduil ed egli si riappacificò con quanti le sue parole avevano offeso; leste, le schiere corsero ad armarsi, consapevoli che era giunta l’ora del confronto ed esse non avrebbero atteso che il Nemico piombasse sui loro accampamenti, trucidandoli mentre erano immersi in un sonno inquieto. Un’ultima riunione si tenne allora fra i Capitani dell’Alleanza e Gil-Galad rivolse loro la parola: “Signori dei Popoli Liberi, prima che la spada e la lancia prendano il posto delle parole, lasciate che io vi metta in guardia contro le schiere di Mordor; temo, infatti, che l’oscuro comandante delle truppe di Sauron sia ancora colui che un tempo alcuni fra noi combatterono ad Osgiliath ed egli è invero uno spirito d’odio e astuzia intriso”

Rapidi, allora, gli sguardi si volsero verso colui che per ben due volte aveva osato affrontare il Signore dei Nazgul ed essi lo videro ergersi silenzioso accanto al suo signore, Anarion figlio di Elendil; nessuna parola pronunciò il figlio di Gilnar, ma Bòr della stirpe di Durin, che gli era accanto, notò un severo brillio negli occhi del Dunadan e comprese che l’antico vigore non era svanito dalle membra del Sovrintendente di Gondor ed egli avrebbe combattuto valorosamente; saggezza e lungimiranza si erano accresciute in lui nel corso degli anni ed i nemici sarebbero fuggiti innanzi alla sua gelida lama. Sorrise allora il capitano dei Naugrim ed Erfea annuì lentamente con il capo, quasi che avesse scorto ogni pensiero del nano; infine si levò e prese la parola:

“I nostri esploratori riferiscono che le schiere di Sauron sono state suddivise in due armate; la prima, composta da circa quattrocentomila soldati, è accampata presso i Cancelli Neri ed ivi attende, paziente, agli ordini degli Ulairi; nessuno fra noi, neppure Thranduil, le cui schiere si sono spinte fino ai recessi montuosi degli Ered Lithui e degli Ephel Duath, è in grado di asserire con certezza chi sia il capitano di tale armata; eppure, se il mio cuore non mi inganna e i miei occhi non sono divenuti ciechi dinanzi ai propositi dell’Avversario, oserei dire che il Signore dei Nazgul sarà colui che dovremo affrontare e temere sopra ogni altro nemico, ad eccezione del Padrone della Terra Nera. Ad occidente, invece, una seconda armata – inferiore di numero rispetto alla prima – attende dinanzi alla bella città di Minas Ithil che un tempo il nemico conquistò e diede alle fiamme, come voi ricorderete; meno di centomila soldati presidiano il varco di Cirith Ungol ove vi aggirano creature infami e di cui più nessuno ricorda il nome. Sebbene il pericolo prema sui nostri destini da entrambi i fronti, pure mi sembra che quello a sud sia minore; infatti la guarnigione di Minas Ithil è stata rinforzata da ventimila soldati provenienti dai feudi meridionali ed essi sono comandati dai figli maggiori di Isildur: coloro che servono il Maia Caduto, non oseranno muovere attacchi alla Città della Luna, sapendo che a nord vi sono ancora duecentomila guerrieri da affrontare e che essi sono ora uniti da un medesimo intento.

Qui, ove ora discorriamo ancora ignari di quanto accadrà nel campo di battaglia, saranno decise le sorti della Terra di Mezza e sapremo se coloro che verranno dopo di noi conosceranno la schiavitù ignominiosa oppure godranno del dolce nettare della libertà. Qui, alle porte di Mordor, si combatterà la più grande fra le pugne che il sole e la luna abbiano mai scorto dacché Morgoth fu abbattuto dal suo oscuro trono ed i Signori degli Eldar credettero che i suoi servi fossero stati per sempre allontanati dai nostri lidi. Qui, le nostre stirpi conosceranno la gloria o il disonore”.

“Sagge sono le tue parole, Numenoreano – interloquì Herìm, signore degli Orientali –  ed i nostri animi sono ansiosi di scontrarsi con le schiere di Mordor; pure, se tale sarà il nostro destino, sarà bene che si raggiunga fra noi un accordo su quali posizioni occupare con le nostre armate allorché saremo di fronte ai servi di Mordor. Quali sono, dunque, gli intenti dei Dunedain e degli Eldar?”

“In verità, Herìm, erede di Bor, quanto tu affermi è saggio, ché i nostri nemici non sono ignari dell’arte del comando e, sebbene i loro sottoposti siano schiavi e non già uomini liberi, pure i loro intenti sono ormai palesi ed essi vengono crudelmente aizzati dalle fruste del Signore di Mordor – gli rispose Gil-Galad, svolgendo sotto gli occhi di tutti i presenti una pergamena che raffigurava la terra dell’Oscuro Signore – Le nostre compagnie di fanti si schiereranno innanzi ai Cancelli Neri, mentre la cavalleria si disporrà alle ali per contrastare Haradrim ed Esterling; allorché gli Orchi retrocederanno, i cavalieri del tuo popolo, del Lindon e del Rhovanion caricheranno e impediranno alle creature della Tenebra di ripiegare a Mordor, sterminandoli”.

Perplessi erano tuttavia alcuni fra i Capitani dell’Occidente ed essi, dopo aver riflettuto per alcuni attimi, espressero i loro dubbi; primo fra tutti, parlò Erfea: “Mio signore, tale schieramento risulterebbe efficace se dinanzi a noi avessimo da affrontare solo Orchi privi di capitani di grande esperienza; così non è tuttavia, e invero vana risulterebbe ogni nostra difesa allorché gli Ulairi ordinassero le schiere di Mordor secondo l’uso dei nostri padri, ché essi, ahimè, hanno appreso nel corso dei secoli. Se il Re degli Spettri schierasse i Numenoreani Neri alla retroguardia – ché io temo essere questi i suoi intendimenti – le nostre forze, posto che avrebbero la forza di sconfiggerne l’avanguardia, si troverebbero dinanzi al muro di scudi e di lance dei seguaci di colui che un tempo sottrasse con l’inganno il trono di Elenna alla sua legittima sovrana: come potrebbero dunque opporsi i nostri soldati, molti dei quali provengono dai campi e dalle botteghe, ad un simile nemico? Lesti, i veterani dell’Oscuro Signore respingerebbero i guerrieri dell’Alleanza ed essi retrocederebbero a costo di grandi perdite; posto che essi riuscissero a radunarsi nuovamente, sarebbero infine circondati dai mumakil che solitamente Indur o i suoi capitani schierano all’ala sinistra e contro i quali i nostri cavalieri, seppure fieri nell’animo e nei propositi, non sarebbero in grado di opporre una valida resistenza”.

“All’ala destra – interloquì lesto Aldor, Signore dei Cavalli – sono schierati cavalieri dell’Harad e carrieri del Rhovanion; se vi fosse uno scontro frontale tra la nostra cavalleria e quella del nemico, è possibile che le mie schiere e quelle di Herìm abbiano la meglio, tuttavia esse sarebbero sempre costrette a retrocedere dinanzi ai mostruosi troll di Mordor, ché i destrieri del Nord, infatti, non ne tollererebbero il fetido odore e sarebbero perciò sconfitti”.

“Non vi sono solo i troll, Signore degli Eothraim, che renderebbero vana ogni carica sull’ala destra – fece notare Thranduil – ché i segugi di Dwar potrebbero assalire i cavalli ancor prima che essi giungano a scontrarsi con i nostri avversari”.

Un silenzio gravido d’attesa cadde allora nella sala e parve a tutti, finanche a coloro che avevano inizialmente sostenuto la proposta di Gil-Galad, che il Nemico non avrebbe potuto essere sconfitto per mezzo delle strategia tradizionali. Rassegnato, allora, il Re dei Noldor si levò in piedi e, ottenuta l’attenzione di quanti erano presenti, parlò in tali termini:

“Se ho ben compreso quanto i Signori degli Uomini hanno testé riferito dinanzi a tale concilio, non vi è speme di ottenere la vittoria contro le schiere di Sauron seguendo le mie indicazioni. Vi è dunque un capitano, fra quanti giurarono ad Orthanc, che voglia adottare una strategia differente? Tiranno è ormai il tempo a nostra destinazione e celere deve essere il suo discorso, sì da poter schierare le truppe senza che esse siano colte di sorpresa dagli eserciti di Mordor”.

A lungo il figlio di Fingon posò il suo sguardo su quello di Erfea, memore di quanto il principe dell’Hyarrostar aveva rivelato alle sue orecchie alcune settimane prima; infine, conscio delle proprie responsabilità dinanzi al Consiglio di Guerra, Elendil si scosse e, levatosi in piedi, parlò:

“Mio signore, se il mio animo non fosse provato dal dolore di questi tempi infausti, udiresti un riso amaro levarsi dalle mie labbra, ché i mali del passato pesano sugli eventi del presente; a lungo, infatti, gli esuli di Numenor hanno creduto che Sauron fosse scomparso da Endor e che il suo oscuro sembiante fosse stato travolto dalla furia di Iluvatar, sicché egli non avrebbe mai più condotto le sue schiere in battaglia. Sette anni fa, tuttavia, ci avvedemmo che tale nostra speme era andata smarrita, come la patria alla quale ancora oggi ci appelliamo, e che il maggior servo di Morgoth era sopravvissuto ad Atalante. Inquieti divennero allora i nostri cuori ed essi presero a mormorare le paure che i Secondogeniti temono sovra ogni cosa: eppure, Re dei Noldor, e voi principi di Endor, se il fato ci è stato benevolo in quell’occasione, non sarebbe ora sciocco dover rinunziare a quanto le nostre mani hanno realizzato e temere le nostre indecisioni più del Nemico stesso?”

Penosi, gli sguardi di ciascuno presero a cercare conforto l’uno nell’altro, ed i loro pensieri andarono ove la malizia della Tenebra non poteva giungere e per qualche istante parve di udire solo l’eco di lontani ricordi; infine, poiché si avvide che l’ora era tarda e nessun accordo era stato raggiunto, così esortò i capitani dell’Alleanza Groin Corpodipietra, figlio di Bòr e Signore del popolo di Durin:

“Vi sarà un tempo per commemorare quanto perdemmo e per dolerci dei morti, tuttavia, esso non è ancora giunto e forse mai giungerà, ché scorgo distanti le vostre menti. Bene hanno parlato coloro che mi hanno preceduto, né sarò io a negare ogni loro affermazione; pure, mi sembra che esse abbiano impedito ai nostri animi di prendere quella decisione che a lungo abbiamo ritardato”.

Scosso da tali saggi avvertimenti, Isildur, figlio di Elendil, si levò dal suo scranno e parlò: “Veritiere sono le tue parole, Groin, ché non vi è più tempo per esitare. Tale sarà dunque la mia proposta ed essa verrà messa ai voti, ché io non mi ritengo il sovrano di Endor e non desidero imporre la mia volontà su quelle altrui”.

Annuirono quanti erano con il Signore di Gondor e presero a discutere quanto le sue parole rivelavano ai loro orecchi: a lungo si protrasse il concilio, ché, nonostante la celerità mostrata da ciascuno, pure vi erano questioni impellenti e che non potevano essere definite brevemente. Infine, quando ogni cosa fu pronta ed ognuno parve soddisfatto dell’accordo raggiunto, Gil-Galad diede ordine al suo araldo, Elrond di Rivendell, di suonare nell’olifante appartenuto al padre Fingon e di riunire le schiere all’aperto».

[L’immagine in copertina è tratta dall’Atlante della Terra di Mezzo di Karen W. Fonstad]

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Dizionario dei personaggi de «Il Ciclo del Marinaio»

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I dedicate this beautiful illustration by Giulia Nasini and a small passage from my stories translated into English.

«Its beauty was similar to the clear summer night, when Ithil shines high on the white mountains of Avallone; bright was the white light of Earendil, which was born during the midsummer night, when Vingilot let his silver tears fall on the lands of mortals». Miriel, daughter of Palantir, last queen of Numenor. 

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