The Sailor’s Cycle

The Sailor’s cycle, inspired by the events narrated in the Unfinished Tales and in the Silmarillion by J.R.R. Tolkien, delves into the history of the great island of Numenor, from its rise to glory until its fall; witness and at the same time architect of the events of his time is Prince Erfea, of whom the book presents the heroic and often painful events.

From birth until death, during her long existence, Erfea will have the opportunity to interact with characters already known to the public who loves the Tolkien epic: Sauron, the Dark Lord of Mordor; his cruel servants, the Ringwraiths and their evil captain, the Witch King; the wise elves, among which Elrond and Galadriel stand out; the valiant dwarves of Moria and others.

Homage to the voluminous work of the English writer, The Sailor’s Cycle is also a reinterpretation of the chivalrous and classic epos, deepening the psychology of the protagonists and not failing to underline their contradictions and deep concerns, using an ancient language to deal with the universal themes of our civilization and of our age.

Some useful advice for reading: if you are interested in discovering the genesis of my novel, “The Sailor’s Cycle”, I suggest you read these two articles: In principio era…Othello, ovvero come nacque il Ciclo del Marinaio (In the beginning it was … Othello, or how the Sailor’s Cycle was born) and …e arrivò il Marinaio! Corto Maltese, Aldarion ed Erfea (… and the Sailor arrived! Corto Maltese, Aldarion and Erfea).
If, on the other hand, you prefer to read the various stories straight away, you can browse the categories that refer to the various stories, starting with the topmost article in the chronology and ending with the most recent one. To help you in reading these tales and to facilitate the understanding of notable names and events, I suggest you read these articles: Cronologia della vita di Erfea e dei racconti del Ciclo del Marinaio (Chronology of the life of Erfea and the tales of the Sailor’s Cycle) and Dizionario dei personaggi de «Il Ciclo del Marinaio» (Dictionary of the characters of «Sailor’s Cycle»).
Finally, if you want to appreciate other images like the one highlighted in this article, I invite you to take a look at the “Illustrations” category.
To learn more about aspects related to Tolkien’s thought and works, you can read the articles in the category «Characters, places and stories of Tolkien’s works»; if you enjoyed the film versions of “The Hobbit” and “Lord of the Rings”, I suggest you read the articles included in the “Seventh Art” section.
I remain at your disposal for any information and I wish you good reading!

Image «Varda the Star-Queen» by Janka Lateckova

La saggezza di Nimrilien – I parte

Care lettrici, cari lettori,
un argomento che è stato toccato marginalmente (almeno fino a questo momento) è rappresentato dalla famiglia di Erfea. Come spiegavo qualche tempo fa a un mio lettore, non abbiamo certezze neppure in merito alla presenza di altri fratelli o sorelle: quello che è certo, infatti, è solamente l’assenza di riferimenti alla loro esistenza. D’altra parte, a complicare la questione, c’è da riconoscere che Erfea in nessuna occasione sostiene di essere un figlio unico. Confesso, come Autore, di non aver le idee chiare su questo aspetto, ragion per cui non sono in grado di offrire ulteriori elementi a favore dell’una o dell’altra tesi. Tornando alla famiglia del nostro paladino, i miei lettori di più antica data ricorderanno almeno i suoi genitori: Gilnar, il principe dello Hyarrostar, e sua moglie Nimrilien la Bianca, parente dei più noti Elendil & Co.
Quanto ai rapporti fra Erfea e i suoi genitori, tuttavia, ho rivelato ancora molto poco: chi ha letto «Il Racconto del Marinaio e del Messere di Endore» sa che suo padre avrebbe voluto fare di suo figlio un Ammiraglio e che questo progetto sia fallito, a causa della predilezione accordata da Erfea all’equitazione. Per il resto, invece, le notizie sono molto scarne: ne «Il Racconto del Marinaio e dell’Infame Giuramento» avrete notato come entrambi i genitori abbiano combattuto a fianco di suo figlio per difendere Miriel dal Colpo di Stato che avrebbe posto fine al suo regno; nello stesso racconto si accenna alla loro morte, che sarebbe giunta poco dopo l’ascesa al trono di Ar-Pharazon il Dorato, cugino di Miriel.
Prima o poi verranno fuori altri dettagli sulla famiglia dei principi dello Hyarrostar…per il momento vi lascio con questo brano che segue a Sauron, il filosofo nel quale avrete modo di riflettere sull’atavica paura della morte che non risparmiò neppure il nostro valoroso paladino e sul ruolo che Nimrilien ebbe nell’aiutarlo a superare questo terrore.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

L’immagine in copertina è di isalleberecs e si intitola Gilmith. È così che immagino una giovane Nimrilien, madre di Erfea.

«La sfera del Palantir avvampò nuovamente, come se tutte le fiamme dell’Orodruin[1] avessero bruciato nella grande sala; infine l’ira di Sauron decrebbe e le stelle splendettero nuovamente luminose nei grigi occhi di Erfea, figlio di Gilnar. Ithil, la luna, era sorta, e la notte si apprestava ormai a terminare; il giovane Dunadan era esausto e silenzioso dopo la severa prova cui si era sottoposto. A lungo Gilnar attese, finché egli udì Erfea gemere ed accasciarsi al suolo esamine; lesta fu allora la sua reazione ed egli si chinò accanto al figlio. Il freddo abbraccio della morte, tuttavia, non macchiava del suo cinereo marchio il viso di Erfea, né le sue membra erano rigide; solo, dormiva, ed era il suo un sonno benedetto da Elbereth[2], che cancellava in tal modo la ferita e lo sgomento che le parole di Sauron avevano provocato.

A lungo giacque nel proprio letto il giovane capitano, eppure il suo sonno era regolare e la luce dei suoi occhi non era annebbiata dalla follia; infine all’approssimarsi del giorno di Mezza estate, Erfea si ridestò dal suo lungo sonno. Gilnar attese che suo figlio fosse desto del tutto, infine, lentamente, quasi volesse sondare le profondità delle tenebre che salivano da ponente, prese la parola: “Tutto quanto hai appreso, accadrà fin troppo presto credo; sappi però che le Palantiri non mostrano quali sono le vie che le nostre menti e i nostri corpi devono percorrere, per scongiurare il pericolo o propiziarsi i benefici degli dei. Tu stesso dovrai comprendere quale sarà il sentiero migliore, affinché il tuo destino possa essere compiuto; questa è la saggezza dei Numenoreani e degli uomini liberi della Terra di Mezzo, saper esplorare i meandri della propria anima e trarne da essa le risposte. Ricorda quanto ti dico, figlio, ché i dubbi e le certezze sono in te: è compito di ciascuno di noi saperle discernere. Come il contadino separa il biondo frumento dalla sterpaglia avvizzita, così tu devi estirpare il male che è in te: non siamo divinità e la nostra imperfezione è la condizione primaria dell’essere umano.”

Erfea annuì lentamente, riflettendo su quanto il padre aveva detto; infine alzò lo sguardo e rispose adoperando tali parole: “Non credere che io abbia obliato, ché la dolce quiete del sonno ha lavato via solo le ombre dal mio cuore, eppure le mie paure permangono. Tale sarà il mio destino, credo, che dovrò errare a lungo alla ricerca di quanto avrò smarrito: lunghe e dolorose saranno le mie peregrinazioni, e non sempre la mia fatica sarà ricompensata con quanto desidero. Raramente capita che i fini delle azioni degli uomini siano compresi da quanti ne ambiscono il significato. Sono grato agli dei – proseguì – per aver avuto la determinazione e la volontà necessarie per affrontare l’Oscuro Signore; il mio cuore teme però per il destino di questa terra.”

Parole non pronunciò Gilnar, ed i due uomini evitarono di cercare l’uno lo sguardo dell’altro; il signore della casata degli Hyarrostar, era conscio di quali pensieri occulti si celassero nelle ombre vespertine, eppure, nonostante l’aria grave e silenziosa della stanza, il suo cuore non poté fare a meno di gioire, ché comprendeva il valore dell’impresa compiuta dal figlio. Erfea, tuttavia, non rivelò mai a nessun altro uomo quanto avesse scorto nelle profondità del Palantir, ed a lungo il suo cuore rimase turbato.

Lunghi giorni trascorsero ed egli di rado si dimostrava loquace, immerso nelle silenziose angosce che le ferite del suo animo gli procuravano; infine, desideroso di fuggire la malinconia e la tristezza che l’affliggevano, si recò dalla madre, Nimrilien di Andunie, signora degli Hyarrostar, nota in tutta Numenor per la sua conoscenza delle antiche arti della guarigione.

Affranto e teso parve Erfea a Nimrilien, quando questi gli fu innanzi; eppure parole non pronunciò, ma fattogli cenno di seguirlo, lo condusse nella camera da letto della sovrana. La luce del luminoso sole rischiarava le vele delle navi, ormeggiate nel vicino porto, eppure Erfea poté scorgere le ombre annidarsi nella silenziosa dimora della regina di Numenor: una forte paura si levò in lui, l’atavico terrore che scuote gli uomini, quando si trovano innanzi alla propria fine; eppure la donna che aveva innanzi a sè non sembrava turbata, né affranta.

Una benedetta malinconia le incorniciava il viso, mentre le sue labbra levavano silenziose parole al cielo; l’azione del tempo corruttore non aveva deturpato con i suoi miasmi il corpo della sovrana, splendido ricordo della gloria trascorsa.

Nimrilien osservò per qualche istante ancora il volto sorridente della sovrana, poi sospirò: “Non hai fallito, figlio! Lunga e dolorosa sarà la tua guarigione, tuttavia, quando sarà giunta a termine, tu avrai ottenuto la saggezza. Sappi però che un’altra prova dovrai affrontare, ché solo in tal modo non temerai più la morte.” Erfea avvampò per la rabbia: “Non ho superato indenne la prova! Perché mi dici questo? Perché vuoi prolungare la mia agonia? Non di nuove sofferenze il mio cuore necessita, ma di parole di conforto.”

Mestamente Nimrilien si levò, sfiorando con le affusolate dita le bionde chiome di Silwen, consorte di Tar-Palantir: “Non temere le tue angosce, Erfea. Sauron di Mordor ha allungato il suo artiglio grifagno sul tuo spirito, ferendolo: non è vergogna o codardia riconoscere la propria debolezza; neanche il più saggio e lungimirante tra noi può prevedere quali saranno i fini ultimi delle nostre azioni. Non rimpiangere la scelta di sfidare la volontà del Palantir; molti eventi i tuoi sensi mortali hanno percepito, e ad essi prenderai parte, quando sarà giunta l’ora. Tuttavia, sebbene coraggio e valore tu abbia dimostrato nel parlare con Sauron, sappi che non puoi sconfiggere la sua nera essenza, né piegare al tuo valore il Palantir, senza doverne subire le conseguenze: la tua giovane età ti impedisce di agire con maggior saggezza.”

“Ero consapevole dei rischi, madre – la interruppe Erfea, triste in volto – ma nonostante ogni mio sforzo ho fallito.”»


[1] Un vulcano situato nella contrada di Mordor, noto presso le genti di Gondor come Amon Amarth, “monte della sorte”.

[2] Altro nome di Varda

[conclusione nella prossima puntata]