Care lettrici, cari lettori,
quest’oggi voglio presentarvi un racconto diverso dagli altri. Per quale ragione, mi chiederete? Perché, a differenza di altre volte, ho dato voce a uno dei personaggi centrali del Silmarillion, ossia Feanor, l’Artefice dei Silmarill, i tre gioielli più belli dell’universo, che furono però alla base della dannazione della sua stirpe, gli orgogliosi elfi Noldor. Se volete saperne di più su questo personaggio, vi suggerisco di leggere questo articolo del mio amico Federico Aviano, che riassume egregiamente la storia di Feanor: https://imlestar.com/2020/03/08/il-silmarillion-recensione-riassunto-e-spiegazione-parte-4/
A me, invece, il personaggio di Feanor interessa soprattutto per un suo ruolo, diciamo così, «minore»: egli, infatti, fu anche il creatore delle Palantiri, le pietre veggenti che consentivano a quanti scrutavano al loro interno di vedere episodi di ogni epoca storica e di dialogare, come se fossero dei veri e propri cellulari, con altri soggetti che, a loro volta, avessero osato utilizzare queste antiche sfere.
Questo breve testo è in realtà parte di un racconto più lungo, intitolato «Il Racconto del Marinaio e delle Palantiri», del quale, nelle scorse settimane, vi ho presentato alcuni estratti. In basso troverete i link utili per poter leggere e commentare il racconto nelle sue varie parti.
Buona lettura, aspetto i vostri commenti!
L’illustrazione in alto è di L-E-N-T-A-S-C-U-R-A «Palantir di Tol-Eressea»
«Nella seconda era della Terra di Mezzo, grande era il dominio che Numenor, l’isola ad Occidente di Endor[1], esercitava sui mortali: da molte contrade numerosi accorrevano, principi e maghi, mercanti e studiosi, per apprendere le conoscenze note solo ai discendenti degli Edain. Molteplici artefatti realizzarono in quei lontani giorni gli artigiani e i fabbri dei Dunedain: spade, la cui bellezza è superata solo da quelle create dai maestri elfici dell’Eregion e del Beleriand[2] nei tempi remoti e armature, leggere come seta, ma capaci di respingere le lame degli aggressori, mandando in frantumi le lance e scalfendo le lame.
Tuttavia, tra le creazioni più celebri, il cui ricordo venne tramandato anche nelle epoche successive, le più note divennero le Palantiri, le pietre veggenti, guardiane del regno di Numenor; esse tuttavia, al pari di altri gioielli rinomati, non furono create dalla mano di nessun mortale, ché neanche i più esperti tra gli artisti Numenoreani avrebbero avuto la sapienza e la lungimiranza necessarie per realizzare le Palantiri.
Fu invece il più grande fabbro degli Eldar, Feanor, a crearle, nei giorni in cui la Luna e il Sole ancora dormivano e i due Alberi reggevano le sorti del mondo, nei Tempi Remoti. Ben poco di quelle antiche epoche è sopravvissuto, ora che i mari e le terre sono profondamente mutati e la prima profezia di Mandos si è avverata; tuttavia stando a quanto narrano gli antichi racconti di quell’era lontana, Feanor creò le Palantiri, ispirato da Lorien, il Vala delle visioni, mentre lo spirito di fuoco del padre dei Noldor riposava tra gli alberi di Valinor. A lungo la divinità tenne fisso lo sguardo su Feanor, infine così si rivolse all’elfo: “Qual è il tuo disio maggiore, signore dei Noldor?” Molto tempo trascorse, fin quando l’Eldar non ebbe realizzato una risposta appropriata: “In verità, Signore dei giardini del Vespro, il mio spirito non trova riposo, ché sempre tende insoddisfatto a quanto si cela innanzi ai miei occhi”. Silente, il dio tacque turbato, poi rispose pronunciando tali parole: “Suvvia, o possente fra gli Eldar! Non v’è conoscenza che il tuo cuore brami che tu non possa apprendere, non v’è artificio che la tua lucida mente e la tua rapida mano non sappiano creare: limpida è ancora la vista degli elfi e possente la loro volontà. Sappi che innumerevoli sono i doni che alla tua stirpe sono stati riservati fin dalla creazione di Arda. Qualunque è l’oggetto del tuo disio, esso deve essere in Valinor”.
“Ben dici, Lorien, quando affermi ciò; se tuttavia la volontà degli Eldar è forte, lo è perché brama di possedere gli arcani segreti che modellano il soffio vitale in Arda”.
Reso inquieto da tali parole di sfida, così lo ammonì Lorien: “Bada, figlio di Finwe! Se il tuo desiderio fosse oggi soddisfatto, ecco che molti del tuo stesso popolo ne avrebbero a soffrire; molti danni arrecherebbe a Valinor il tuo gesto insano!”
Rabbrividì Feanor, ché in lui era ancora forte il rispetto e il timore per i Vala: “Se tale volontà è destino che muoia sul nascere, concedimi allora di mutarla”. Tacque, riflettendo alcuni istanti, infine parlò: “O Vala, concedimi la vista sulle terre mortali! Dal momento che la mia stirpe e quella degli altri Eldar provengono dalle deserte lande di levante, permettimi di renderla visibile agli occhi di quanti desiderano mirarla”.
Soddisfatto, di lì a poco Lorien inviò Feanor da Aule, il Vala della Forgia, e i due lavorarono assieme per molti anni, finché la Palantiri non furono realizzate: sette erano, e apparivano come dei globi scuri, memori di quanto i figli di Eru avevano ormai obliato. Non era semplice adoperarle per servire un proprio scopo: i globi mostravano soprattutto immagini del passato, dei tempi remoti e di remote regioni, disorientando l’osservatore. Chiunque, tuttavia, avesse avuto volontà sufficiente per desiderare di scorgere nelle Palantiri un’immagine precisa, sovente riusciva ad identificarla, divenendo in tal modo, profondo conoscitore di quanto era accaduto in Endor, fin dalla sua creazione.
Un’altra funzione importante delle sfere consisteva nel fungere come strumento di comunicazione tra due esseri lontani nello spazio, ma non nel tempo: per poter usufruire di questo potere, era tuttavia necessario che i due interlocutori fossero entrambi esseri dotati di una volontà potente, ché le Palantiri ne avevano una propria e non si lasciavano assoggettare dalle menti degli stolti e degli sprovveduti. Le antiche storie parlano anche di un’altra pietra, che si dice essere ancora presente nelle terre immortali, da cui sarebbe possibile osservare quanto le rimanenti pietre veggenti mostravano nel medesimo istante; tuttavia, fatta eccezione per tale globo, fin dall’inizio era stato concepito un altro Palantir con funzioni analoghe, lo stesso che in seguito sarebbe andato smarrito durante la funesta guerra delle Stirpi[3]. Ciascuno dei globi rimanenti poteva comunicare con una e una sola delle sfere sorelle, tramite rituali arcani e ormai obliati da lungo tempo».
Note
[1] Il grande continente che si estendeva ad est di Valinor, chiamato anche Terra di Mezzo.
[2] L’Eregion era un regno di Noldor posto nell’Eriador, ai confini della grande città nanica di Khazad-Dum; posto da principio sotto l’autorità di Galadriel e di Celeborn e in seguito di Celebrimbor, tale contrada fu saccheggiata dalle orde di Sauron: la città di Ost-In-Edhil ne fu la capitale. Il Beleriand era una vasta contrada posta tra i Monti Azzurri e le acque del Beleriand: sede di numerosi reami elfici ed umani, fu distrutta in seguito agli sconvolgimenti provocati durante la Battaglia dell’Ira che segnò la fine di Thangodrim, l’oscura dimora di Morgoth.
[3] Guerra civile, scoppiata nel reame di Gondor durante la Terza Era per ottenerne il controllo, tra la fazione di coloro che sostenevano il legittimo signore, Eldacar, e i ribelli, comandati da Castamir, contrari alla sua designazione perché figlio di una donna del nord. Al termine di essa, Eldacar ottenne la corona, mentre Castamir fuggì a sud ed elesse Umbar a sua dimora; i suoi discendenti furono noti come i Corsari e si allearono con i servi di Sauron per rovesciare Gondor.
Suggerimenti di lettura:
La saggezza di Nimrilien – II parte (ed ultima)
La saggezza di Nimrilien – I parte
Sauron, il filosofo