I wish you all my best wishes with this unedited image representing the revelation of the One Ring by Frodo and Gandalf.

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Care lettrici, cari lettori,
proseguo con questa storia la narrazione della tragedia di Celebrimbor, alle prese con i desideri inconsci (e terribili) del suo animo…se vi siete persi le altre parti di questo racconto, vi suggerisco di leggerle (o rileggerle) qui: Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I; Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena.
Buona lettura, aspetto i vostri commenti!
«Celebrimbor: Se davvero sei chi affermi di essere e se i desideri più inconsci del mio spirito non ti sono ignoti, allora ben comprenderai quanto le tue parole non possano obliare alcuno fra i dolori che il mio cuore affliggono.
Annatar: Sappi, tuttavia, che i miei doni non sono semplici artefatti o parole pronunciate con saggezza, ché altre sono le ricompense che il mio spirito nutre ardentemente poter consegnare nelle tue abili mani.
Celebrimbor (rivolgendo ad Annatar uno sguardo sospettoso): Perché dovrei dunque credere che un figlio del popolo degli Ainur sia giunto in siffatta contrada per distribuire i suoi doni con tanta generosità? Perché i Valar non sono giunti dinanzi al cancello di questa città per redimersi dai loro errori e chiedere perdono al popolo dei Noldor? Certo, pur non essendo signore di alcuna schiatta e privo dell’autorità che i miei padri conobbero allorché l’Oscuro Nemico ancora dominava i fati dei figli di Iluvatar, mai potrei accettare che un loro servo, se pur dotato di arti quali gli elfi forse non saranno mai in grado di raggiungere, possa parlare in loro vece!
Annatar: Giunsi da Valinor, ma non per conto dei Signori di quella contrada; essi, infatti, riposano nella coltre delle nubi che si ergono fra il mare ed il cielo, più non curandosi di quanto avviene nelle terre mortali; tuttavia, lungi dal nutrire il mio animo astio nei loro confronti, esso gioisce, ché, altrimenti, il mio corpo avrebbe indugiato troppo a lungo nelle aule che furono della schiatta di Aulë il Fabbro senza conoscere la selvaggia bellezza della Terra di Mezzo. Fu detto che i Valar dovessero intendere solo in parte il pensiero di Ëru, ché questi era superiore a loro quanto a possanza e a splendore: gli Ainur, tuttavia, non devono servitù alcuna al loro signore, se non quella che priverebbe la loro volontà dei desideri più inconsci che nutrono i loro animi. Cos’è un’esistenza, dunque, se non adempiere ad una missione? E se la nostra missione fosse quella che mani troppo deboli temono di voler afferrare, non sarebbe questa paura simile a codardia? Realizzare il volere di Ëru riempirebbe il mio ed il tuo animo di possente gioia che nessun Vala disconoscerebbe; al contrario, codesti Signori onorerebbero il mio ed il tuo nome nei secoli a venire, lieti che queste contrade non siano state adombrate dall’ombra dei servi di Morgoth.
Celebrimbor: Se tale, come tu dici, fosse la mia volontà, quale vantaggio ti apporterebbe il mio assenso? O, forse, credi che i Noldor non siano che stolti strumenti nelle tue orgogliose mani?
Annatar: Mio Signore, non è sugli abili Noldor che il mio volere vuole imporsi, ché esso non trarrebbe alcun beneficio da una simile schiavitù, né, certo, avrei la forza di poter assoggettare il tuo orgoglioso popolo, né alcuno altro della Terra di Mezzo: perché, al contrario, non realizzare una grande lega fra tutti i popoli, affinché cià che i nostri spiriti ambirono poter ottenere per pochi eletti sia infine patrimonio comune a tutti i figli di Iluvatar?
Celebrimbor: Quale sarebbe, dunque, il pegno che ogni popolo libero dovrebbe versare per ottenere una simile alleanza?
Annatar (avvicinandosi ancor più all’elfo e chinandosi sul suo orecchio destro): Le alleanze stringono in un ferreo patto coloro che ne seguono gli intenti, legando i loro destini l’uno con l’altro, di modo che nessuno appaia più estraneo e cessi la guerra fa i giovani mortali ed i vetusti immortali; sia dunque un Anello il simbolo della nostra alleanza, affinché ognuno di noi possa condividere l’altrui destino. (CONTINUA)
Suggerimenti di lettura: Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena; Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I
The ninth Nazgul was born in 1970 of the Second Age, in the Olbamar quarries in eastern Khand with the name of Uvathar Achef; he was the son of an exiled prince and his father’s unhappiness soon became his. Uvathar spent the first ten years of his existence in the steppes of Khand, where he learned the arts of hunting and war, the only ones that aroused his interest in him; fierce and proud he became his soul and even before he was sixteen he was stained with the blood of numerous men and knew how to ride like no other Variag. Eighteen years old, he asked for and obtained command of his father’s army, leading him to obtain several victories, which brought him the throne of the upper Khand: not satisfied with this success, the young Uvathar defeated the king of lower Khand, Urig Urpod, unifying for the first time in his history the entire nation of the Variags under one crown. At the age of twenty-five, following the death of his father, Uvathar became the new warlord of Khand, attracting the attention of the Dark Lord, who offered him the last of the Rings of the Power of Men in the year 2006. Uvathar accepted without hesitation, as his people had always been tributaries of Mordor, and many of them revered Sauron as a deity: in the following centuries, Uvathar changed his name to Uvatha according to the black language of Mordor, and conquered vast lands south of Mordor, with the help of the armies of Ren the Mad. In the year 3262, after the capture of his mentor, Uvatha took refuge in Mordor, near Lake Nurn, where he trained numerous armies. After the fall of Numenor, Uvatha participated, like the other eight Nazgul in the siege of Osgiliath, but was unable to take over the city; he then went to the pass of Cirith Ungol where he prevented the Dunedain from leading new forces against Mordor. Too late Uvatha came with his armies to Barad-Dur, for Sauron had fallen and he vanished into the shadows.
Suggerimenti di lettura:
Care lettrici, cari lettori,
scrivo questo articolo per rispondere a un quesito che mi è stato posto qualche giorno fa da un lettore in merito alla capigliatura bionda di Miriel. Egli trova insolita questa scelta da parte dell’autore, perché, a sua detta, tutti i Numenoreani avevano capelli scuri (principalmente neri) e occhi chiari (solitamente grigi). Ho pensato quindi di scrivere questo articolo per rispondere alla sua legittima domanda e perché credo che le indicazioni che emergeranno in questa disamina saranno utili anche per comprendere alcune scelte che potrebbero (in questo caso il condizionale è d’obbligo) essere portate avanti dalla produzione della serie sviluppata da Amazon sulla Seconda Era della Terra di Mezzo, nella quale non dovrebbero mancare attori e attrici scelti per impersonare i Numenoreani.
Premessa: in questo articolo non tratterò la storia di Numenor e dei suoi abitanti (se siete interessati, vi suggerisco di leggere questi miei contributi: Storia di Numenor: un’introduzione – I parte; Storia di Numenor – II parte; Storia di Numenor – III parte), ma ne approfondirò soprattutto le vicende etnografiche.
Iniziamo da una considerazione: il grande pubblico, fino a questo momento, non ha avuto ancora modo di familiarizzare particolarmente con i Numenoreani: gli unici che si intravedono in qualche scena della «Compagnia dell’Anello» – il primo capitolo cinematografico della trilogia girata da Jackson – sono Elendil e suo figlio Isildur. Entrambi ricorrono allo stereotipo fisico che ho descritto in precedenza: capelli neri e occhi grigi. Anche Aragorn, che dei Numenoreani è il legittimo erede, presenta i medesimi tratti fisici. Non si tratta di un errore della sceneggiatura, tutt’altro: come apparirà evidente nel corso di questa trattazione, anzi, la scelta effettuata è particolarmente apprezzabile.
La scelta di rendere Miriel bionda si deve essenzialmente a due motivazioni, l’una interna al legendarium tolkieniano, l’altra esterna. Cominciamo dalla seconda, che è la più semplice da trattare: come ho spiegato in questo articolo:…e arrivò il Marinaio! Corto Maltese, Aldarion ed Erfea inizialmente il personaggio femminile protagonista dei miei racconti avrebbe dovuto essere Elwen, una mezzelfa la cui capigliatura era nera; per questa ragione, allorché presi la decisione di inserire un secondo personaggio femminile (che, alla lunga, avrebbe finito col soppiantare Elwen, relegandola a un ruolo marginale), decisi che sarebbe stata bionda. Non si tratta di una scelta particolarmente originale, lo ammetto: comprenderete bene, però, che il mio intento, all’epoca, era soprattutto quello di evitare che i due personaggi – Miriel ed Elwen – finissero coll’assomigliarsi troppo fra loro.
La motivazione legata al legendarium tolkieniano, invece, è molto più interessante e complessa: per poterla apprezzare, è necessario però fare qualche rapido cenno etnografico sui Numenoreani.
Essi discesero da tre casate di Uomini (Edain in elfico) che nel corso delle prime battaglie fra Elfi e Morgoth, il Grande Male del Nord, si schierarono dalla parte dei primi, patendo innumerevoli sofferenze. Non entrerò nel dettaglio di queste storie, perché mi porterebbero fuori strada rispetto al mio obiettivo: se vi ho incuriosito, vi suggerisco di leggere gli articoli dedicati al Silmarillion (l’opera di Tolkien nella quale sono narrate queste storie) che il mio amico Federico Aviano sta scrivendo in questi mesi (qui trovate il testo relativo alla comparsa degli Uomini nei racconti di Tolkien: https://imlestar.com/2020/08/08/il-silmarillion-recensione-riassunto-e-spiegazione-parte-9-la-venuta-degli-uomini-e-la-morte-di-fingolfin/)
Le casate erano così caratterizzate:
La Casa di Bëor (I casata): essi erano scuri di capelli e dagli occhi grigi. Erano alti quanto gli elfi Noldor (180-195 cm per gli uomini e 170-180 cm per le donne). Furono tra quelli che patirono maggiormente la malizia di Morgoth e dei suoi servi e tra i suoi membri si possono annoverare la maggior parte dei grandi eroi umani della Prima Era.
La Casa di Haleth (II casata): questi uomini erano anch’essi scuri di capelli, sebbene di statura più piccola rispetto a quelli delle altre casate e di carattere schivo.
La Casa di Hador (III casata): questa, fin dal principio, era stata quella più numerosa. Prendeva il nome dal suo avo, Hador Chiomadoro, a causa della sua capigliatura dorata, e i suoi membri si caratterizzavano per essere feroci in battaglia e particolarmente alti, arrivando a raggiungere i 220 cm. Una parte di questi uomini non lasciò la Terra di Mezzo per migrare verso Numenor e dettero vita a quelle genti che, nel corso degli anni successivi, popolarono gran parte delle contrade nord-occidentali di questo continente: da esse discendono, per esempio, i Rohirrim, vale a dire il popolo guidato da re Theoden e dai suoi nipoti Eomer ed Eowyn.
Quando i superstiti di queste tre casate (pochi, forse meno di 10.000) fecero vela, al principio della Seconda Era, verso i lidi di Numenor, ci si rese conto che avevano subito destini diversi: in particolare, della seconda casata (quella di Haleth) non erano rimasti che pochi sopravvissuti. Diverso fato aveva conosciuto quella di Bëor: la maggior parte dei superstiti di questa casata si stabilirono nella regione di Numenor chiamata Andustar (come potete vedere nella mappa che vi allego in basso).
Perché è importante conoscere questa correlazione gegrafica? Perché nella regione di Andustar si concentrarono la maggior parte dei Fedeli, i Numenoreani che non caddero sotto l’influenza di Sauron e dei suoi nazgul. La stessa casata principesca che reggeva le sorti di quella contrada, inoltre, derivava dall’unione della primogenita reale con un principe locale: non c’è da meravigliarsi, dunque, se la maggior parte dei Fedeli, appartenessero dunque alla casata di Bëor e avessero quelle caratteristiche somatiche note al grande pubblico: capelli neri e occhi grigi. Dai principi di Andustar, inoltre, discendono in linea diretta Elendil e i suoi figli Isildur e Anarion e, attraverso molte generazioni, anche Aragorn.
Questo lungo ragionamento, tuttavia, non ci dice ancora nulla sulla capigliatura bionda di Miriel: ebbene, ho pensato che se la maggior parte dei Numenoreani (ad eccezione, come ho scritto in precedenza, di quelli che abitavano nella regione di Andustar) erano discendenti della casata di Hador, è possibile che molti avessero conservato il pigmento chiaro dei capelli: se consideriamo, inoltre, che anche Tar-Silwen, la regina madre di Miriel e moglie di Tar-Palantir, era bionda, allora dobbiamo dedurre che nelle vene della bella principessa numenoreana scorresse sia il sangue della prima casata (dalla quale discendevano i re di Numenor) che della terza, vale a dire quella materna. Questa unione potrebbe spiegarsi anche a livello politico: se è vero che Tar-Palantir cercò di riportare armonia fra i Numenoreani, reduci da una dura guerra civile – come sa chi ha letto il racconto de Il Marinaio e il Messere di Endore – è probabile che egli abbia voluto prendere in moglie una rappresentante del partito avverso al suo…magari non una dei suoi leader più radicali, ma una donna appartenente a una corrente politica che oggi definiremmo «moderata». E questo spiegherebbe anche una certa ostilità provata da Tar-Silwen nei confronti di Erfea, che apparteneva, invece, come sappiamo, a una frangia radicale dei Fedeli Numenoreani (come si intuisce nel racconto de La Rosa e del Ragno).
Per le ragioni che ho presentato in questo articolo, in conclusione, l’eventuale presenza di Numenoreani e Numenoreane biondi (o comunque dotati di capigliature più chiare) nella serie che Amazon sta producendo non dovrebbe meravigliarci più di tanto.
Spero che questo articolo ti sia piaciuto, alla prossima!
«Born in the city of Ulk Jey Ama, in the year 1969 of the Second Age, Ren was the son of an enchanter and grandson of the Lord of the Chey: he had a quiet childhood, without any event suggesting what would happen once he became an adult. In 1992, Ren married Elyen, a woman of his own lineage, and moved to the Ered Harmal, where he resided for the next six years; in 1998, however, a severe plague devastated the Chey lands, and Ren was severely affected, although his body survived the long illness that prevented his awakening for many months: he finally woke up from a coma, however his mental health was been compromised. Ren had forgotten much of what he had learned in his youth, even his own name; yet, despite his wavering mind, he deluded himself that he had acquired a wisdom and a far-sightedness superior to that of any other Man: often, in the long night watches, his wife listened to him murmuring arcane and obscure words in his sleep, while, during the day, bent over his seat, he screamed to be the son of fire, the incarnation of the vital flame itself. Elyen tried desperately to cure her husband’s madness, summoning herbalists to her bedside even from western Khand, yet their care soon proved ineffective: Ren proclaimed himself king of the Chey and his followers practiced numerous violence, insulting women and sacrificing infants to the sacred flame. In a short time Sauron understood that the mad illusionist would be a valid servant, so that, in 2005, he offered him the eighth Ring of the Power of Men, with the promise that he would show him the source where the sacred fire came to life: soon Ren accepted , and driven by an unstoppable madness, aggravated by the corrupting power of the Ring, he organized his armies to conquer all of central-eastern Middle-earth; in the turn of a century, his troops, allied with those of the Khand of Uvatha, began to dominate an empire such as no man of their lineage had ever ruled until that moment. Ren settled in his hometown, after having his children and wife sacrificed to the purifying fire, the source of which was in the kingdom of Mordor; he left the capital of the kingdom of Chey only on the occasion of the arrival of Erfea Morluin in Numenor, when he joined the other Nazgul in an unsuccessful search. After the fall, Ren went to Mordor with his mighty armies and participated in the siege of Osgiliath, failing however due to the arrival of the troops of the Last Alliance; during the siege of Barad-Dur, the Witch-King ordered him to occupy the pass of Cirith Ungol, for fear that other troops of Gondor might come from the west: this strategy, however, proved useless, as the Ring was taken and Ren sank in the Darkness».
See also: Ren il Folle, l’Ottavo
Care lettrici, cari lettori,
proseguo in questo articolo la narrazione della tragedia incentrata sulla figura di Celebrimbor, l’elfo noldo forgiatore dei Grandi Anelli. Trovate la prima parte della tragedia qui: Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I.
Buona lettura, aspetto i vostri commenti!
Coro:
L’apparenza dagli occhi di bragia e dal sorriso dorato
L’apparenza dal volto nascosto e dall’ingannevole aspetto
L’apparenza figlia della Notte e del Vuoto
L’apparenza ancella del Dominio e del Potere
L’apparenza appestatrice degli animi dei figli di Iluvatar
L’apparenza madre delle menzogne e dei desideri insani
L’apparenza dolce nenia dei saggi ammonimenti
L’apparenza malsano balsamo per le profonde ferite
L’apparenza speme per quanti al mondo più non si volgono
L’apparenza sovrana della bella morte
L’apparenza schiava della triste morte
L’apparenza temuta quanta desiderata
Annatar: (inchinandosi profondamente nei confronti di Celebrimbor): Mi avete fatto dunque chiamare, Signore dei Noldor? Esulta il mio cuore, ché da lungi desideravo mirare il sembiante del più possente tra i figli di Fëanor ed egli è sovente stato al centro delle mie peregrinazioni sin da quando mi giunse voce che un mirabile artista, le cui opere tutta Ëa invidia, dimorava in siffatta contrada.
Celebrimbor (ricambiando l’inchino): Signore? Di quale feudo o di quale schiatta la mia persona sarebbe dunque padrone?
Annatar: Non sono dunque veritieri i racconti che giunsero ad Occidente?
Celebrimbor: Di quali racconti parlate?
Annatar: Delle canzoni e dei poemi che scrissero in vostro onore i vetusti bardi del popolo dei Vanya.
Celebrimbor: (stupefatto in volto e pronunziando lentamente le parole) Siete stato dunque a Valinor ed avete fatto ritorno alla Terra di Mezzo? Ora comprendo per quale motivo la vostra venuta è preceduta da grande meraviglia e timore, ché molti diffidano dai Signori dell’Occidente, rei di aver abbandonato le contrade dalle quali noi, pur avendo la possibilità, non fuggimmo. Grande opere avrebbero pouto essere concluse se l’ignavia non avesse trionfato negli animi dei Valar e delle loro spose; se davvero provieni dalla contrada ove i miei avi vissero per qualche tempo, rammenta ai tuoi signori che le schiere degli orgogliosi Noldor, lungi dall’essere precipitate nelle barbarie e nell’ignavia, hanno retto queste contrade con sapienza e vigore. Io, però, non sono signore di codesta terra, ché essa è sotto la potestà di Celeborn il Sinda e della sua sposa, Galadriel, né le tue parole hanno rischiarato i miei dubbi su quanto impunamente hai pronunciato.
Annatar: No, mio signore, non vi è malizia nella mia voce, né imprudenza nella mia mente: quale elfo, infatti, fosse anch’egli valoroso come Celeborn del Doriath, può vantare le tue abilità nel rendere docili i metalli alla forgiatura e nell’incastonare i freddi diamanti sui gioielli che il tuo estro crea? Ora, forse, ti parranno veritiere le mie parole, ché non vi è potere più grande di quello che dimora nei figli di Iluvatar i quali siano in grado di plasmare la Fiamma Vitale a loro piacimento.
Celebrimbor: Ove vi è freddo e la materia è inerte, forse il mio intelletto è sufficientemente dotato per sapere infondere in essa forma e grazia; gli animi dei figli di Iluvatar, tuttavia, esulano dalla mia volontà ed essi non possono essere piegati come fogli di metallo, né con dolci parole, né con saggi ammonimenti. La Fiamma Imperitura, ahimé, non posso controllare, ché non conosco i segreti pertugi attraverso i quali la sua luce riscalda i cuori dei Noldor.
Annatar: Quanto è ignoto alla mente dei Primogeniti, non lo è dinanzi a quella degli Ainur.
Celebrimbor: Chi sei tu, dunque?
Annatar: Il Signore dei Doni, del popolo di Aulë il Fabbro, giunto alla Terra di Mezzo per colmare i suoi abitanti delle letizie che per troppo tempo i Valar dell’Occaso negarono loro; ora che mi avvedo della possanza del figlio di Curufin, comprendo come nesssun cimelio, per quanto splendente, potrà mai eguagliare il suo spirito».
Continua…
Princess of Forastar in Numenor, lady Adunaphel was born in the year 1823 of the Second Age in the city of Armenelos, daughter of Initildun, prince and commander of the king’s fleet; from an early age she was distinguished from her companions by a sharp mind and a beauty similar to that of elven women: growing up, Adunaphel refined her talents, and numerous Men asked her hand, seduced by her charm and her will to steel. Adunaphel, however, disdained such proposals, not considering them to be up to her reputation. She feared death very much and never forgot the sufferings that her elderly father had suffered during the slow agony that had led to his death, caused by his mad desire to abjure death itself, persisting in his mortal body. There was little affection between the lady of Forastar and her mother, who supported the cause of the Eldar and was opposed to the king’s party, to which her daughter adhered enthusiastically: at the court of the sovereign she met Prince Atanamir, and her heart was filled with passion towards him, considering him superior to those he had rejected in the past; great was her anger when the Heir to the throne rejected her and she swore on her father’s memory that she would get the prince’s head. In 1914 S. A., Adunaphel abandoned Numenor to found a colony in Middle-earth and subdue its inhabitants; for a long time she traveled west, until she found herself in the lands of Variags, where she imposed her law: for some years the kingdom of Ard the Vain, as she called herself, expanded its borders to the east and south, until , tired of having to pay tribute to her king, she took the opportunity to declare her independence. Atanamir, meanwhile becoming ruler of Numenor, decreed her death sentence and she fled to the East, while her kingdom was occupied by the armies of Numenor. Anger and wrath broke out in her heart and long wandered in the deserts of Khand, until the day she was captured by a tribe of Variags, whose lord made her their favorite slave; she was patient until she seduced her master’s guards and was not sure she had learned the arts of the sword and the spear. After a year Adunaphel slaughtered the king of the Variags in his sleep and proclaimed himself queen of that people: Sauron then heard of the lady of Numenor and summoned her to Mordor, promising her revenge against the warriors of Atanamir. Adunaphel accepted the Dark Lord’s offer and received the Seventh Ring of Men, swearing eternal loyalty to his master, in the 2004 year of the Second Age. Over the next thousand years, the Nazgul lived in the capital of his empire, which in the elven language was called Minas Gulwen (Tower of the Witch Maiden), plotting the fall of Numenor; in the year 3277 Sauron sent her to Umbar, where she seduced the lieutenant of Ar-Pharazon, so that the influence of the Fallen Maia spread to the port. Erfea Morluin visited the stronghold of Adunaphel two years later and defeated its servants with the help of the elven prince Morwin: furious, Adunaphel then confronted the two warriors and would have won victory, if at that moment the Sun had not risen in all his mighty humiliating her black spirit. After Atalante, the armies of Adunaphel took the city of Minas Ithil and headed for Osgiliath, being severely defeated during the first siege: later, she was close to achieving her goal, when the armies of the other Ulairis arrived and Gondor seemed to collapse; however, the arrival of the Alliance forces upset her plans and she fell back to Dagorlad, where she was defeated again. In the last years of the siege she participated with the other Nazgul in the defense of Barad-Dur, falling into oblivion when Sauron fell.
Suggerimenti di lettura:
Adunaphel l’Incantatrice. La Settima
Ritratti – Adunaphel l’Incantatrice
Care lettrici, cari lettori,
quest’oggi vi propongo il primo atto di una tragedia che scrissi alcuni anni fa, intitolata «Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere». Questa tragedia, costruita a imitazione di quelle classiche, è provvista di coro e narratore onniscente. Celebrimbor è stato il più grande artista elfico della Seconda Era, colui che creò, insieme ad Annatar, i Grandi Anelli del Potere. In questa scena iniziale il fabbro elfico si lamenta del suo amore non corrisposto nei confronti di Galadriel, moglie di Celeborn.
Buona lettura, aspetto i vostri commenti!
L’immagine in copertina è opera di kimberly80.
Narratore: Celebrimbor entra nella sala delle forge, nei sotterranei della città di Ost-In-Edhil, ove è intento a realizzare opere di grande valore.
Coro: Sventura attende coloro che i Grandi Anelli Forgiarono
Nulla è nella Natura che non debba mutare il suo corso
Come le foglie nel grigio autunno
Così le fragili esistenze dei figli di Iluvatar avvizziscono
Sventura sul figlio di Curufin
Che la mano osò levare sul biondo oro e sul freddo diamante
Sventura sul popolo di Eregion
Che i biechi lacci del cacciatore non seppe evitare
Sventura sull’oscuro discepolo di Morgoth
Ira e rancore mossero i suoi passi su vacui sentieri
Ed egli qui pervenne
Ché la rovina dei Noldor fosse completa.
Celebrimbor: Se io fossi, amici, inabile alle armi, pure non lamenterei la mia sventura; se io fossi lento nella corsa e nella lotta, pure mai ascoltereste la mia voce levare alte grida di rabbia; se io fossi cieco e storpio, pure il mio cuore non ne soffrirebbe, ché vi sono altri sensi oltre la svista, né essi mi sono sconosciuti; se io fossi, tuttavia, incapace nel parlare, allora grande sarebbe il mio risentimento e le volte delle aule di Ost-in-Edhil risuonerebbero di echi spaventosi ad udirsi.
La più possente fra le arti che i Valar insegnarono ai miei avi, infatti, consentì loro di comprendere il creato e di differenziarsi in questo dalle bestie della terra e dagli uccelli del cielo; prima che gli Elfi si destassero ad oriente, nessuno aveva dato un nome alle creazioni di Eru Iluvatar ed esse giacevano dimenticate, in antri oscuri e gelidi, ove mai era giunto il destriero di Orome il Valoroso.
Un dì, tuttavia, un elfo levò, stupito in volto, la mano verso il cielo e scorse una luce che nessuna tenebra poteva offendere: chiamò quel prodigio stella ed il suo nome fu tramandato ai posteri, affinché essi imparassero a riconoscere e ad onorare la luce di Elentari.
Amici, grande invidia nutre il mio cuore per un simile elfo, che levò alto il suo grido d’amore verso la luce più splendente che i suoi occhi avessero mirato! Egli seppe così attribuire il nome all’oggetto del suo disio e ne fu senza dubbio appagato, ché, altrimenti, mai sarebbe stato tramandato il suo ricordo a coloro che ancora della nostra stirpe errano su questi lidi al di là del mare; io, tuttavia, che infinite opere creai e ornai di bellezza e virtù, sicché esse parvero prendere vita, non mi sono mostrato all’altezza della mia fama, ché ancora esito e non vi è grido che mi salga dal cuore che possa alleviare il mio tormento.
Quale nome, infatti, potrebbe risvegliare in lei quanto nel mio animo è divenuto allo stesso tempo tortura e delizia? Quali cimeli potrebbero eguagliare il tesoro che la casa di Celeborn il Sindar custodisce sì gelosamente?
Io credo, o Noldor, che mai nessuna arte dei figli di Fëanor potrebbe allietare il mio tormento; voci, tuttavia, mi sono giunte da Oriente e da Occidente, dalle steppe del Rhovanion e dal regno del mio sovrano, Gil-Galad, l’Alto, voci che potrebbero guarire le ferite del mio animo, se si dimostrassero veritiere. Un grande signore, adorno della maestà dei reggenti dell’Occidente, è infatti giunto alle contrade dei Noldor e ha domandato udienza presso i Principi della mia schiatta: invero, molto desidero conoscere tale essere, ché alcuni mormorano essere in grado di chiamare a sé le Potenze del cielo e della terra.
Orsù, dunque, conducete da me il viandante di cui vi ho parlato e badate che nessuno disturbi il nostro colloquio».
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