Il lungo sonno di Erfea – The last goodbye

Care lettrici, cari lettori,
come vi anticipavo la scorsa settimana, siamo giunti a una svolta importante del Ciclo del Marinaio: la morte di Erfea. Ovvero, come avrebbero detto i Numenoreani (e da qui il titolo del post), un lungo sonno di morte nel quale essi si abbandonavano quando capivano che era ormai giunto il momento di abbandonare la vita. Questa parte del racconto prende inizio subito dopo la sconfitta di Sauron ad opera dell’Ultima Alleanza: potrete leggere o rileggere la descrizione di questo episodio qui: L’ultima battaglia della Seconda Era.

È stato emozionante, in questi quattro anni di attività del blog, raccontarvi le storie di Erfea, di Miriel e degli altri personaggi – di finzione o no, rispetto al legendarium tolkieniano – che ho avuto modo di presentarvi. Spero di essere riuscito a trasmettervi non solo la mia grande passione per la Terra di Mezzo, ma anche un senso di famigliarità nei confronti di questi personaggi.

Ci saranno ancora tante altre storie da raccontare…devo completare il racconto sull’adolescenza di Miriel e Pharazon…provare a dare una risposta ad alcune domande – una su tutte: che fine hanno fatto gli sfortunati possessori degli Anelli minori, ossia delle «prove» che gli artigiani elfici avevano forgiato prima di procedere con la creazione dei Grandi Anelli? Sono diventati anch’essi degli spettri? – eliminare alcuni errori (per esempio il rapporto tra un giovanissimo Erfea e il suo mentore Numendil, che in realtà era molto più vecchio di lui)…

Prima o poi, dunque, tornerò con i miei racconti…e chissà, sarà anche l’occasione per commentare insieme gli episodi della nuova serie di Amazon che sarà ambientata proprio nella Seconda Era.

Grazie di cuore.

Vi lascio con un’immagine inedita che rappresenta la partenza di Bilbo e Frodo verso Occidente e con il video della canzone «The last goodbye» che chiude il terzo capitolo cinematografico dell’Hobbit…avrà tanti difetti quella trilogia, ma la colonna sonora è all’altezza delle migliori composizioni musicali.

«La rovina degli eserciti di Sauron fu totale, e coloro che sopravvissero alla sua caduta fuggirono nelle remote contrade del levante, ove si narra che anche gli Úlairi e il nero spirito del Maia umiliato trovassero scampo per lunghi secoli, finché non ebbero acquisito forza a sufficienza per tornare a reclamare quanto avevano perduto al termine della Seconda Era. Invero, fu quella una vittoria incompleta, ché l’Anello non andò distrutto, come avrebbe dovuto essere, ma fu concupito da Isildur, il quale, nonostante i saggi ammonimenti degli altri comandanti, reputò di avere forza di volontà sufficiente per dominarlo e lo portò seco al Nord, ove fu trucidato dagli Orchi due anni dopo la morte del padre.

Glorfindel ed Erfëa, tratti in salvo dalle aquile assieme agli altri signori dell’Ovest allorché la terra tremò e vomitò fiamme possenti, furono condotti nella contrada di Udûn, ove erano gli accampamenti dei loro soldati e quivi ritrovarono quanti avevano disperato di poter incontrare nuovamente: Aldor Roch-Thalion e Groin accolsero festanti il Sovrintendente di Gondor e gli altri guerrieri, sì che, per lungo tempo, essi furono occupati nel festeggiare con banchetti e danze la vittoria sull’Oscuro Nemico del mondo. Al termine dell’Estate, dunque, le armate dell’Ovest, dopo aver incendiato e distrutto ogni fortezza costruita da Sauron nella sua dimora, fecero ritorno a Osgiliath, ove furono accolte dalla popolazione festante: numerosi idiomi furono ascoltati allora per le vie della città degli Uomini del mare e per molti giorni la gioia e il diletto allietarono i cuori dei Figli di Ilúvatar.

Giunsero Galadriel e Celeborn e la loro figlia Celebrían, il sovrano di Khazad-Dûm, Durin IV e altri principi e re quali mai Osgiliath aveva mirato nel corso della sua pur breve esistenza. Canti furono composti in quei giorni ed essi narrarono delle vicende che avevano condotto alla caduta di Sauron; eppure, i Signori degli Eldar, nonostante condividessero la letizia dei bardi, scuotevano il capo allorché udivano tali canti echeggiare nelle vaste sale della reggia di Isildur, ora divenuto sovrano dei Dúnedain, ché sapevano quanto era accaduto allorché Sauron era svanito e ritenevano che, seppur informe, egli avrebbe fatto ritorno alla sua contrada, allorché fosse giunto il tempo e molto temevano per la sorte di Isildur. Allorché costui, tuttavia, morì e l’Anello del Potere fu smarrito, essi ritennero che fin quando non fosse stato ritrovato, i loro reami avrebbero continuato a prosperare, sebbene i più lungimiranti avvertissero nei loro cuori il presagio di un grande mutamento e iniziassero ad avere tedio del mondo e di quanto ivi accadeva.

Tale, però, non era il parere di Elrond e di Celebrían, ché in loro l’amore per Endor non era ancora venuto meno e numerose erano le contrade che desideravano conoscere, ora che Sauron dormiva e le sue armate erano distrutte. Al termine di uno di questi viaggi, essi si recarono a Osgiliath, ché molto desideravano incontrare Erfëa, né essi si meravigliarono che fosse ancora in vita, ché conoscevano l’antica profezia che Manea gli aveva rivelato allorché era ancora in fasce. Lo trovarono che egli si attardava a mirare il rosso tramonto dalla sua finestra a occidente e dava loro le spalle; tuttavia, allorché questi si avvide che costoro avevano fatto il loro ingresso, si voltò e il suo anziano volto fu lieto nel vederli ancora una volta.

Si discusse a lungo degli eventi cui avevano preso parte negli anni precedenti, infine Elrond sospirò e mirando il volto di Erfëa, pronunziò tali parole: “Ebbene, figlio di Gilnar, felice è stato il tuo cammino, se ti ha concesso di giungere ove il tuo animo potrà trovare riposo e le tue ferite essere sanate, colmo di saggezza e della fama che le tue nobili imprese ti hanno procurato”.

Sorrise il figlio di Gilnar: “Invero, figlio di Eärendil, molto ho ottenuto nel corso della mia lunga esistenza e grato volgo il mio pensiero a coloro che hanno protetto i miei passi; ancor più accetto è tuttavia il dono di Ilúvatar, ché molto sono stanco e forte è divenuto in me il desiderio di rivedere colei che abbandonai allorché il mio cuore non era ancora pronto ad amare”.

Lentamente annuì Celebrían e le sue parole echeggiarono leggere nell’aria vespertina: “Grande sarà la memoria che gli Eldar preserveranno del tuo nome e del tuo sembiante, Erfëa Morluin, ché invero hai trionfato anche nella tua ultima prova e ora il tuo spirito è pronto ad abbandonare i mortali lidi della Terra di Mezzo”.

Levatosi dallo scranno ove aveva discorso con i suoi più cari amici, Erfëa si distese allora sul letto che gli imbalsamatori avevano approntato per lui e si congedò dal sovrano Meneldur e da quanti egli aveva amato e che gli sarebbero sopravvissuti. Consegnò a Elrond un voluminoso tomo e lo pregò di recarlo al Signore della torre di Orthanc, ché questi l’avrebbe custodito nelle recondite sale della fortezza e infine si addormentò. Lento, il Sole si tuffò nel profondo occaso e ad Erfëa parve di udire un remoto canto giungergli da Númenor perduta nei flutti, sicché si premurò di seguirlo e il suo spirito si allontanò dalla città di Osgiliath, che molto gli era stata cara, recandosi ove il suo volere desiderava giungere, ed egli spirò lieto».

Spunti di lettura: Erfea, o degli eroici imperfetti; Dizionario dei personaggi de «Il Ciclo del Marinaio»; Cronologia della vita di Erfea e dei racconti del Ciclo del Marinaio

Dwar of Waw, Lord of the dogs

«Once again, two doors were thrown open and they gave way to two new men; the first was dressed in a long robe, the color of which was indecipherable to be seen, but on which were clearly distinguishable, even from the position in which I was, evil runes and other signs unknown to me: he was bald and did not carry any weapon , except for a long dagger that sometimes peeked out between his robes; two monstrous hounds were at his flanks and they were among the most horrible beasts I had ever sighted up to that moment».

The tale of the Sailor and the Council of Isengard

See also: Dwar of Waw, Third of the Nazgul; Dwar di Waw, il Terzo, il Signore dei Cani

L’organizzazione delle Armate di Mordor nella Seconda Era – II parte

Care lettrici, cari lettori,
quest’oggi vi propongo la seconda parte del racconto relativo all’organizzazione dell’esercito di Sauron durante la Seconda Era. In quest’ultima parte saranno indagati gli anni compresi fra la Caduta di Numenor e la sconfitta di Sauron al termine di quell’era. Trovate la prima parte qui: L’organizzazione delle armate di Mordor nella Seconda Era – I parte

Buona lettura, aspetto i vostri commenti! Vi anticipo che la prossima settimana pubblicherò qualcosa di molto speciale…stay tuned!

«Nel secolo che seguì la distruzione di Numenor, l’esercito di Mordor fu ulteriormente suddiviso e ad Umbar fu costituita la quarta armata, al cui comando vennero destinati Indur ed Akhorahil, in qualità di ammiragli dell’Oscuro Signore, mentre Adunaphel assumeva il grado di luogotenente dell’armata di Gorgoroth presso il Re Stregone.

I nove spettri degli anelli costituirono un corpo ben distinto di generali all’interno della rigida gerarchia militare di Mordor ed essi soli ebbero la qualifica di Genon (Lingua Nera/L.N.: Grande Comandante): immediatamente sottoposti ai loro voleri vi erano gli Urdanuk (L. N. Capitani), il cui ruolo prevedeva che essi assumessero il comando di una divisione di ottomila uomini, definita nel Linguaggio Nero come Belegrim (Armata Potente) o di diecimila orchi, indicata anche come Urhoth (L. N. Grande Armata): costoro prendevano parte ai consigli di guerra ed avevano facoltà, seppure fortemente limitata, di assumere decisioni autonome, una volta preso atto dei comandi ordinati dai Nazgul. Gli Urdanuk provvedevano ad attuare le disposizioni dei superiori mediante i loro collaboratori, chiamati nel Linguaggio Nero Afukaush (Marescialli), i cui compiti consistevano nel provvedere all’equipaggiamento e al vettovagliamento delle armate di Mordor e nel far pervenire i dispacci del Re Stregone ai Kritar (L. N. Sergenti): costoro, responsabili delle comunicazioni tra reparti mediante segnali di fumo e l’utilizzo dei corvi delle Montagne Nebbiose (Crebain), comandavano reparti inferiori di numero, costituiti da circa mille unità, in modo da permettere maggior rapidità di movimento durante le manovre di avanzata o ripiegamento.

Il Re Stregone dispose altresì che nessun orco potesse esercitare una carica superiore a quella di Kritar, ché temeva la superficialità e la mancanza di autocontrollo con le quali tali creature si lanciavano all’attacco, reputandoli indegni di indossare l’effigie dei comandanti di Mordor: unica eccezione a tale regola era costituita dal sovrano del regno di Gundaband, la cui città, pur trovandosi nella contrada controllata da Hoarmurath di Dìr, godeva di notevole autonomia, in quanto rappresentava la capitale degli orchi di Endor; desideroso di evitare faide intestine e atti di insubordinazione in una terra sì lontana dalle sue roccaforti, il Re Stregone dispose che il sovrano di Gundaband fosse ammesso a titolo onorifico tra gli Urdanuk, assicurandosi in tal modo la lealtà dei suoi sudditi.

Molti signori della guerra tra gli orchi venivano solitamente arruolati come Durothar (L. N. caporali), con la funzione di reclutare le proprie truppe per la causa di Mordor e assicurarsi che esse comprendessero gli ordini dei comandanti; al loro fianco cooperavano gli Ujak (L. N. guerrieri), responsabili di soli dieci soldati, sovente incaricati di costituire drappelli di esplorazione durante le avanzate in territorio nemico.

Tale era la complessa e accurata organizzazione dell’esercito di Mordor, che l’Oscuro Signore in persona non credeva possibile che esso avrebbe fallito il suo obiettivo; eppure ciò accadde, ché, nonostante le migliorie apportate dal Capitano Nero, vi erano conflitti latenti all’interno degli stessi alti comandi, causati da rancori antichi, dissidi che la minacciosa presenza dei Nazgul occultava solo parzialmente. Gli orchi non tolleravano gli uomini, deridendone la loro fragilità in battaglia, mentre i Secondogeniti asserviti a Sauron non mancavano di esprimere tutto il loro palese disgusto allorché si trovavano a dover condividere il rancio o l’alloggio con la prole di Morgoth. Non mancavano, infine, rivalità tra gli stessi uomini, ché gli Haradrim non smettevano di detestare i Numenoreani Neri, accusandoli di aver sottratto loro le terre migliori durante le guerre precedenti, mentre questi non tolleravano la presenza di stirpi umane a loro detta inferiori: tali contrasti, tuttavia, svanivano allorché veniva issato il vessillo dell’Occhio avvolto da una corona, l’effige del Re Stregone, signore degli eserciti di Mordor».

Per maggiori informazioni:

Gli anni dell’assedio di Gondor. Una cronologia

Cronologia della vita di Erfea e dei racconti del Ciclo del Marinaio

Dizionario dei personaggi de «Il Ciclo del Marinaio»

Uvatha, king of Khand

«When I was able to see who had entered the hall, I saw that he was a mighty warrior, adorned with the same armor worn by the captains of the people of Khand. Scarred was the man’s face, as if he had suffered a severe blow in combat; a deep scar extended from the height of the temple to the jaw and he seemed to be in the grip of great fury».

The tale of the Sailor and the Council of Orthanc

See also: Uvatha, the Horseman. The ninth Nazgul

L’organizzazione delle armate di Mordor nella Seconda Era – I parte

Care lettrici, cari lettori,
quest’oggi vi presenterò uno scritto nel quale ho provato a immaginare come fossero organizzate le armate di Sauron nella Seconda Era. Si tratta di uno scritto dalla natura “tecnica”, nel quale sono presentate due peculiarità che resero estremamente vulnerabile l’esercito dell’Oscuro Signore: la grande variabilità etnica delle sue schiere, all’interno delle quali militavano esseri umani e creature delle Tenebre, poco avvezze a combattere fianco a fianco e la presenza di una marina militare inferiore per qualità e quantità rispetto a quella dei Popoli Liberi…e come scriveva Tucidide nelle sue Storie, il controllo delle vie marittime era fondamentale per conservare la supremazia militare. Per ragioni di lunghezza ha suddiviso il mio scritto in due sezioni: la prima parte, che leggerete quest’oggi, sarà relativa all’organizzazione delle armate di Sauron dall’inizio della guerra contro gli Elfi sino alla corruzione degli Uomini ottenuta tramite la distribuzione dei Nove Anelli del Potere.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

«Dopo la sconfitta subita nell’anno 1700 della Seconda Era ad opera delle armate degli Eldar e dei Dunedain, durante la prima delle guerre condotte da Sauron contro gli elfi, l’Oscuro Signore fuggì dall’Eriador e si trincerò nella sua Torre Oscura, ove meditò a lungo sui motivi che avevano condotto il suo esercito verso l’annientamento pressoché totale.

Nei successivi secoli le armate di Mordor furono profondamente rinnovate, ché Sauron comprese come la loro impreparazione e la scarsa coordinazione tra popoli fra loro estranei, incapaci spesso di comprendere l’uno la lingua dell’altro, avessero condotto i suoi nemici alla vittoria: egli si rendeva conto che non vi era, tra i suoi capitani, uno stratega capace di elaborare una tattica tale da favorire il miglior dispiegamento delle sue eterogenee forze, ché gli orchi, seppur dotati di notevole forza fisica, mancavano di intuizione ed erano, in numerose occasioni, travolti dalla loro stessa cieca furia. Pochi uomini all’epoca militavano nelle sue schiere e questo perché la corruzione dei Numenoreani era ancora lontana dall’attuarsi e i nove anelli dei secondogeniti giacevano nei forzieri di Barad-Dur. I capitani delle tribù del Khand e dell’Harad punto o poco conoscevano le arti della guerra dei popoli occidentali e i loro contingenti, male armati rispetto ai loro avversari, erano spesso travolti ancor prima di poter estrarre le loro rozze scimitarre in bronzo dai foderi sdruciti. Durante l’occupazione di Ost-In-Edhil, le truppe di Sauron erano state comandate da un Troll, il cui nome era Ghulush: forte ed ambizioso, questo essere aveva trucidato numerosi Elfi, guadagnandosi in breve tempo l’ammirazione delle proprie truppe; esse, tuttavia, sovente cadevano in preda al panico, allorché il loro comandante era distante, ché molto temevano la collera degli Eldar, né Sauron poteva vantare altri condottieri di tale rango tra le sue file. L’intera armata di Mordor, incapace di combattere in schiere ordinate e compatte, procedeva in maniera piuttosto confusa durante la carica iniziale, smarrendo tuttavia ogni iniziativa allorché il nemico, se pur in numero inferiore di numero, anziché mostrare la terga, non cedeva ai suoi furiosi attacchi.

Ghulush aveva compreso che non era nelle sue capacità quella di apprendere l’arte della guerra dei suoi avversari e lo stesso rispetto che le sue truppe gli mostravano nasceva in gran parte dal condividere, seppure in dimensione minore, la stessa forza bruta che assaliva il comandante allorché si scagliava contro le schiere nemiche, urlando loro tutto il suo odio. L’unica tattica degna di nota che egli era stato in grado di apprendere e di trasmettere ai suoi subordinati consisteva nel tentare l’accerchiamento del nemico con una manovra rapida, in modo da permettersi in seguito la vittoria; tale strategia, tuttavia, fallì durante l’attacco dei Numenoreani, allorché, schierati su diverse fila distanziate l’una dall’altra, costoro resistettero al primo attacco delle armate di Sauron e in seguito massacrarono i loro avversari.

Durante gli anni che seguirono la sconfitta delle armate di Mordor ad opera dei Numenoreani, l’odio di Sauron per tale stirpe si accrebbe ed è plausibile che tra i motivi che lo spinsero a corrompere i cuori degli orgogliosi Dunedain, vi fosse anche la necessità impellente di carpire i segreti militari che costoro gelosamente custodivano: con l’investitura di Er-Murazor, secondogenito di Tar-Ciryatan, sovrano di Elenna, a Signore di Morgul e primo comandante delle armate di Mordor, il principale obiettivo dell’Oscuro Signore si era realizzato, ché il Capitano dei Nazgul possedeva invero uno spirito razionale e una mente acuta, in grado di elaborare strategie degne della sua stirpe.

Numerosi Numenoreani si volsero allora al male e Sauron gioì nel profondo del suo cuore nero, ché essi avrebbero apportato al suo reame le conoscenze ereditate dagli Eldar e ricchezze al di là di ogni immaginazione, necessarie per permettergli di attuare i suoi piani di conquista della Terra di Mezzo.

A partire dall’anno 2260 della Seconda Era, con l’asservimento totale dei nove portatori degli anelli degli uomini al suo volere, Sauron poté disporre di un corpo di luogotenenti degni di questo nome, ché essi erano stati scelti in base alle abilità militari dimostrate durante la vita terrena e alle conquiste ottenute duranti gli anni del loro dominio. Er-Murazor, divenuto il Signore dei Nazgul, operò un profondo rinnovamento all’interno dell’esercito di Mordor, consentendo che fossero realizzati, per la prima volta, dei corpi di armata, assegnati ai suoi commilitoni e di cui egli era il primo comandante.

Negli anni precedenti la cattura di Sauron da parte delle armate numenoreane, il Re Stregone portò a compimento i suoi piani, suddividendo l’esercito di Mordor in tre armate: di queste, la prima, in ordine crescente di importanza e di effettivi, era l’armata di Gorgoroth, di cui fu proclamato luogotenente Akhorahil, il quale era dello stesso lignaggio del suo signore. La seconda armata includeva ogni soldato incaricato di sorvegliare la piana di Udun e il Cancello Nero e fu affidata a Dwar di Waw, il quale incaricò Hoarmurath di Dir di prendere il comando delle schiere dei regni settentrionali di Endor sottomessi ai Nazgul, in qualità di suo reggente. La terza armata, detta anche di Nurn, coordinava l’afflusso e il trasporto di truppe dalle nazioni vassalle poste nel sud di Endor a Mordor e fu posta sotto il comando di Khamul, mentre ad Uvatha ed a Ren fu assegnato il grado di luogotenenti di quest’ultimo. Adunaphel ed Indur, infine, avrebbero dovuto rivestire la funzione di ammiragli, tuttavia, data l’esiguità della flotta di Mordor, costituita quasi esclusivamente da vascelli numenoreani appartenuti agli Ulairi di tale stirpe, essi furono destinati in un primo momento ad altri ruoli, e divennero i portavoce dell’Oscuro Signore, spesso intraprendendo missioni all’interno e all’esterno del reame per conto di costui».

Continua…

Erfea, prince of Numenor

A winged helmet, forged in mithril, adorned with two plumes intertwined in the white feathers of seabirds, covered his head, while long black hair fell to his strong shoulders, licking a precious mail of galvorn mail, whose luster was such as to be illuminated even by the dim lights of the inn. Tapered greaves and shiny bracelets adorned his legs and arms, while a long blade hung beside him, the hilt of which was carved in blue laen and inlaid by ithildin; a large cloak of noble workmanship, different from the faded cape with which it had hitherto been covered, hung over his shoulders: a graceful elven-made clasp encircled him at the height of the thin neck.

The tale of the sailor and the dwarf fortress

Versione in italiano:

Storia di una grande amicizia: Erfea e Naug Thalion

Altri link utili: Dizionario dei personaggi de «Il Ciclo del Marinaio»

L’orgoglio dei paladini di Numenor

Care lettrici, cari lettori,
in questo articolo continuerò a raccontarvi la storia del Drago Morluin e della sua sete di vendetta contro i Numenoreani, colpevoli di aver ucciso i suoi cuccioli (potrete leggere o rileggere questa parte della storia qui: La collera di Morluin). Nessuno dei Numenoreani avrà il coraggio di sfidare il grande rettile…ad eccezione di uno.

[SPOILER] Questo racconto, comunque, ad onor del vero, presto o tardi (attualmente sarei più propenso per la seconda opzione) dovrebbe subire una revisione, almeno parziale: come è possibile, infatti, che non appaia per nulla una figura come quella di Miriel? Quando Erfea si rivolge a suo padre, il re di Numenor, per chiedergli la sua benedizione per affrontare il drago, sembra alquanto improbabile che Miriel non fosse al suo fianco. La risposta che spiega questa anomalia risiede nelle cronologia “esterna” dei capitoli del Ciclo del Marinaio: questo racconto, infatti, fu scritto prima di introdurre il personaggio di Miriel, ma, dal punto di vista della cronologia “interna” della biografia di Erfea, sarebbe successivo all’inizio della tormentata relazione fra Erfea e Miriel (potrete notare questa discrasia temporale qui: Cronologia della vita di Erfea e dei racconti del Ciclo del Marinaio).[FINE SPOILER]

«Il terrore si mutò in follia, e il popolo si recò da Tar-Palantir per chiedere consiglio ed avere conforto, sebbene essi sapessero che in tutta Elenna[1] non esisteva un mago o un guerriero così potente da poter contrastare il pericoloso drago.

Grande fu la sorpresa, quando all’interno del Consiglio dello Scettro una voce squillò forte e decisa: “Mio re e signori di Numenor! Non vi è altra speranza per noi che quella di attendere nelle nostre dimore la morte triste con le braccia e la mente sconvolte dalla paura? Grande invero è il potere dei draghi, ma non si è detto che fu un uomo il primo a sconfiggere il primo tra i Grandi Vermi? Io Erfea, figlio di Gilnar, della casata degli Hyarrostar[2], affronterò la creatura che tormenta la nostra isola, a meno che qualcuno non dissenti dalla mia proposta!” Un lungo silenzio seguì quelle parole, ché grande era lo stupore dell’uditorio, consapevole che mai nessun uomo sarebbe riuscito a portare a termine una simile missione. Tra coloro che formavano il Consiglio dello Scettro, vi erano alcuni che appartenevano ai Numenoreani neri, gente corrotta e malvagia che aveva regnato a lungo sull’isola, prima di essere sconfitti da Tar-Palantir, portandola al disordine e alla crisi; tuttavia, muovendosi nell’ombra, mai essi avevano destato sospetti nel popolo, e pochi erano in grado di contrastarli. Tanta era la loro malizia, che perfino Tar-Palantir non avrebbe sospettato alcunché, dal momento che, negli anni del suo governo, i signori Neri si erano nascosti nell’ombra, nell’attesa che i tempi diventassero loro nuovamente propizi.

Le storie di quei lontani giorni, narrano che tra i nove Nazgul[3], i più potenti servi dell’oscuro signore di Mordor, Sauron l’Aborrito[4], tre fossero stati in vita grandi signori dei Numenoreani neri, e che ebbero parte a molti eventi che avvennero in quell’epoca: Er-Murazor, Adunaphel, Akhorahil erano i loro nomi, ormai obliati; eppure essi vivevano, perché grandi erano i poteri conferiti loro dagli Anelli, ed i Nazgul, accanto a Sauron si ergevano o crollavano.

Poche sono le storie giunte fino a noi dagli anni oscuri, perché la stirpe degli immortali più non è tra noi e i ricordi della seconda stirpe sono ormai obliati; eppure fu detto che, tra gli uomini, coloro che possedevano gli Anelli, sarebbero stati in grado, fin quando il loro padrone avesse stretto nelle sue grinfie l’Unico, di assumere forma umana, nonostante la loro immagine reale fosse ormai sbiadita dai tempi remoti.

Akhorahil, settimo tra i Nove, in virtù degli inganni perpetuati dai suoi servi, sedeva ora tra i membri del Consiglio dello Scettro, senza riuscire a nascondere il proprio odio nei confronti di Erfea: “Prendo la parola sire e signori di Numenor, perché non si dica che vi siano stati sulla terra uomini più coraggiosi di Earendil[5] e Turin Turambar! Onore e gloria alle loro gesta! Tutti i presenti dovrebbero sempre tenere viva nella loro memoria il ricordo di simili avi, affinché i loro nomi non siano obliati e sia splendente l’immagine della gloria degli uomini. Può un simile uomo, che ha da poco compiuto la maggior età, aspirare a conseguire una simile vittoria? Funesta ed effimera è la volontà dei giovani, ed ecco, uno tra loro, ha l’arroganza di affrontare un simile male! Sciagura attende chi macchia di colpa tanto grave quanto la superbia, la propria casata! Onore e gloria riceverà invece l’uomo saggio e cauto. Costui, non afferma forse che vincerà il drago con la saggezza? Ebbene non dimostra certo di possederne la giusta misura se tali sono le sue ambizioni in rapporto alle forze che possiede”.

Soddisfatto della sua orazione, il volto coperto da una maschera dorata, il Nazgul sedette, nell’attesa che il sovrano prendesse la parola. Ed ecco, così rispose il re di Numenor: “Figli della seconda casa, ascoltate le parole del re! Onora il saggio ed educa il giovane; queste sono state le leggi tramandateci dai nostri avi, pervenuteci ancor prima che l’isola del Dono fosse sollevata dalle acque. Da un lato il dubbio, dall’altro il timore: quale sarà la mia scelta? Mi preme rispondere, ché invero il tempo fugge via e l’ora è grave. Tali sono le leggi del nostro popolo, ed io intendo onorarle, col metterle in pratica: sia dunque educato il giovane Erfea, che gli sia concesso, se questo è il suo desiderio, di affrontare il drago. Dimostrerà allora il suo valore e la sua saggezza. Non è forse vero che nei tempi remoti agli uomini erano imposte delle prove per verificare la loro forza e il loro coraggio? Sia questa dunque la prima tra le tante prove che il giovane Erfea dovrà affrontare, perché il mio cuore dice che non sarà l’ultima e il suo destino giace lontano dal mare, pur essendo a lui legato”.

Questo fu il discorso del re; e coloro che gli erano vicini cedettero di vedere un’ombra sostargli accanto  per un attimo, prima di allontanarsi e infine scomparire tra le brume della sera. Uno ad uno i presenti abbandonarono il salone, mentre fuori il brusio della folla cresceva in intensità, man mano che la paura e il panico aumentavano la loro presa sugli animi degli uomini. Ultimo ad alzarsi fu Akhorahil, il quale si avvicinò silenzioso ad Erfea, pronunciando parole beffarde: “Con quali ali[6] andrai incontro alla sorte che ti attende, Erfea Hyarrostar? Saranno spoglie e orribili a vedersi, come gli alberi della Terra di Mezzo durante la stagione invernale. Sappi che un solo potere è in grado di placare l’ira dell’orribile drago, ma non è nella tua stolta mente, né nelle tue impacciate mani. Va dunque e soddisfa pure la tua follia!” Rise allora, un suono sgradevole a sentirsi; tuttavia Erfea ribatté: “Forse è come dici tu: tuttavia preferisco che i freddi denti del drago trafiggano la mia carne, lasciando così questo mondo, piuttosto che terminare i miei giorni tra gli ozi e i piaceri lussuriosi ai quali ti abbandoni quotidianamente, Akhorahil”.

Il Nazgul non rispose, ma si limito ad osservarlo con il suo sguardo velenoso, finché Erfea non si fu allontanato; gioì allora nel profondo del suo cuore avvizzito, certo di aver assolto il suo dovere. Il Numenoreano nero, infatti, era ben conscio del fatto che non esistesse alcun guerriero o mago in grado di vincere Morluin; tale pensiero gli procurava grande soddisfazione ed egli si ritirò nelle sue stanze, seguito dalla moltitudine dei suoi servi e soldati.

Note


[1] L’isola di Numenor

[2] Regione di Numenor, posta a sud est: la sua capitale era Minas Laure, la torre dorata.

[3] I Nazgul (Linguaggio Nero: spettri dell’anello), erano i servi di gran lunga più potenti dell’Oscuro Signore, resi immortali dalla nequizia degli anelli degli uomini che erano stati affidati loro; un’unica volontà seguivano, ché, attraverso tali artefici, l’anello sovrano comandava le loro menti ed essi erano i luogotenenti di Sauron e i suoi generali.

[4] Noto in origine come Gorthauron l’Aborrito, Sauron, in principio il più possente fra i Maia di Aule il Fabbro, fu sedotto da Morgoth durante la Primavera di Arda e ne divenne fedele luogotenente durante la Prima Era: condotto innanzi ad Eonwe, l’araldo dei Valar, al termine della Battaglia d’Ira, mostrò pentimento; tuttavia, avendo vergogna a comparire dinanzi a Manwe per essere giudicato, fuggì lungi ad est, ove riacquistò una nuova forma, gradevole a vedersi, ché egli voleva corrompere i cuori degli Eldar e dei secondogeniti per farne i suoi schiavi.

[5] Earendil, figlio di Idril e Tuor di Gondolin, trucidò Ancalangon il Nero, il più grande drago che le storie menzionino, in un duello a singolar tenzone durante la Battaglia d’Ira.

[6] Il riferimento è a Earendil che affrontò il Signore dei draghi alati a bordo della sua nave alata, il cui nome era Vingilot.

Gil-Galad, high-king of the Noldor

Gil-Galad. Son of Fingon, High King of the Noldor, one of the three lineages of the Eldar (Elves) featured in Tolkien’s novels. Also known as Erenion. He met Erfea when he was still a teenager and predicted that he would become a great Paladin. He died at the end of the Second Era, falling at the hands of Sauron in the battle that ended that era. He appears in the following tales: The Sailor and the Lord of Endore; The Sailor and the White Tree; The Sailor and the Witch King; The Sailor and the Great Battle; The Council of Orthanc.

See also: Dizionario dei personaggi de «Il Ciclo del Marinaio»

La collera di Morluin

Care lettrici, cari lettori,
l’articolo della scorso settimana, dedicato al grande drago Ando-Anca (potrete leggerlo o rileggerlo qui: Miniature & Co. – Il Drago Ando-Anca), mi ha ricordato che non avevo ancora riportato sul mio blog la parte iniziale del racconto dedicato al primo incontro avuto da Erfea con questi esseri affascinanti quanto crudeli…
Buona lettura, aspetto i vostri pareri!

«All’epoca di Tar-Palantir[1] v’era in Numenor[2], un capitano di grande esperienza, ché molto aveva viaggiato per gli ampi oceani, dimora di Ulmo, e numerose leggende aveva conosciuto, apprendendole dalle genti che aveva frequentato nel corso del suo peregrinare. Erfea venne chiamato dagli Elendili[3], e il suo nome ancor oggi risuona nelle fumose locande di Endor, cantato dai bardi senza tempo, i quali dalle sue avventure traevano ispirazione per comporre saghe e ballate di quella antica era, quando il Sole e la Luna erano giovani e Valinor ancora visibile agli occhi dei tristi mortali.

Si narra che Erfea conoscesse più di ogni altro figlio di Eru Iluvatar[4] le vaste profondità oceaniche, sebbene egli non trovasse godimento nel percorrerle, ché la sua mente era sempre volta alle foreste della Terra di Mezzo, dove molti Priminati in quei giorni avevano dimora.

Questa storia, tuttavia, non narra di quegli eventi, né di quanto accadde dopo, ma della giovinezza di Erfea, prima che scoppiasse per la seconda volta la guerra civile a Numenor.

Numerosi, sebbene agli occhi dei mortali invisibili, eppure temuti, erano i grandi draghi[5] in quei giorni, ché dimoravano in terre remote, distanti da quelle degli uomini, prediligendo le lande montuose e aride che si estendevano a Nord, oltre le montagne Grigie; grande era la perfidia e il potere dei servi di Morgoth, ché sempre desideravano le ricchezze degli uomini e mai ne erano sazi.

Uno tra i grandi Vermi più possenti aveva nome Morluin, e dimorava nelle acque che circondavano il promontorio di Belfalas, dove secoli dopo sarebbe sorta la città di Dol Amroth; tale drago molto aveva sentito parlare delle ricchezze possedute dai Numenoreani e a lungo il suo cuore nero aveva desiderato impadronirsene, senza mai tuttavia mettere in atto i suoi propositi, ben conoscendo il potere e la magnificenza dei Numenoreani all’apice della loro civiltà.

Un giorno, tuttavia, un drago della sua covata, allontanatosi troppo dalla sua tana, fu catturato da alcuni pescatori e trucidato; quando tale notizia pervenne a Morluin, grande fu la sua ira e il suo desiderio di vendetta. Ringhiò, vomitò fuoco e fumo, scosse le profondità dell’oceano con i suoi artigli, senza placare la propria rabbia, finché il suo ruggito echeggiò fino a Numenor; allora paura e terrore presero i cuori degli abitanti dell’isola, al punto che molti si accasciarono per terra invocando l’aiuto degli dei, mentre altri correvano ad armarsi, suonando le campane, che mai avevano echeggiato in quella era, consci che il pericolo era prossimo, proceduto da ira e sangue.

Ed ecco, il mare si sollevò, nascondendo le spire del grande verme, ma non la sua voce, che sembrò echeggiare dalle profondità dell’abisso: “Gente di Numenor! Conducetemi il bieco assassino di mio figlio! Chi tra voi si è macchiato del suo sangue, maledirà tutta la sua terra e la sua famiglia! Sangue sarà ripagato con il sangue! Che egli venga fuori e misuri la sua forza con me!. Avanti, dunque! Giustizia sia fatta!”

Il terrore si mutò in follia, e il popolo si recò da Tar-Palantir per chiedere consiglio ed avere conforto, sebbene essi sapessero che in tutta Elenna[6] non esisteva un mago o un guerriero così potente da poter contrastare il pericoloso drago.


[1] Tar-Palantir, ventiquattresimo sovrano di Numenor e figlio di Ar-Gimilzòr. Per Numenor, vedi nota successiva.

[2] Numenor era la patria degli uomini (Sindarin: Edain), che durante le guerre della Prima Era tra gli eredi di Feanor e il Grande Nemico, sostennero la causa dei primi, subendo gravi sventure e sofferenze: per ricompensare tale coraggio, i Valar sollevarono dalle acque un isola cui fu dato il nome di Numenor, isola del Dono e l’affidarono agli eredi degli Edain; costoro furono chiamati Numenoreani o Dunedain che nella favella degli elfi grigi significa “uomini dell’occidente”.

[3] Le genti numenoreane che si mantennero fedeli all’amicizia con gli Elfi e che continuarono a venerare i Valar anche quando tale devozione fu dichiarata fuori legge.

[4] Il Padre di Arda e delle sue forme di vita.

[5] I Grandi Draghi, chiamati anche Vermi di Morgoth, il Vala rinnegato, furono creati da costui nel corso della Prima Era per fronteggiare gli assalti di Elfi, Uomini e Nani, durante i numerosi scontri che le sue schiere sostenevano contro costoro. Glaurung il Dorato fu il padre dei draghi e corruttore dei cuori dei figli di Iluvatar: egli, tuttavia, incapace di spiccare il volo, fu trucidato da Turin, figlio di Hurin. Durante la Battaglia d’Ira, Morgoth levò contro le schiere di Valinor una nuova razza di draghi, di cui il più possente fu Ancalangon il Nero, colui che per primo si levò nei cieli di Endor per contrastare le aquile di Manwe e che, negli spasmi della sua agonia, rase al suolo i pinnacoli di Thangodrim: molti della sua specie sfuggirono tuttavia alla morte e trovarono rifugio presso le Montagne Grigie e tra i monti di Mordor, mentre altri si rifugiarono nel profondo delle acque, lì ove saccheggiavano e affondavano numerose imbarcazioni.

[6] L’isola di Numenor

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Una sfida mortale