Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere. III Atto, Scena Unica: la redenzione di un Elfo (Fine)

Care lettrici, cari lettori,
con questo articolo concludo la narrazione della tragedia relativa alla figura di Celebrimbor, il forgiatore dei Grandi Anelli del Potere. In attesa di vederlo prossimamente sui piccoli schermi nella serie prodotta da Amazon, spero di avervi incuriosito su questo complesso personaggio, sul quale è difficile dare un giudizio morale. Questo, in fondo, è il bello dei personaggi creati da Tolkien: sono «realistici» e al loro interno Bene e Male convivono, spesso in modo drammatico, come la vicenda di Celebrimbor insegna.
Dalla prossima settimana riprenderò la narrazione dei racconti di Erfea & Co. A questo proposito, mi piace concludere questo lungo ciclo di articoli svelando una piccola curiosità: il testo della tragedia che avete letto in queste settimane fu ascoltato da Erfea stesso, quando, giovanissimo, trascorse alcuni anni nella casa di Gil-Galad, l’Alto Re degli Elfi. Sarò rimasto turbato dal triste epilogo di questa storia? Chissà… Non ricordate quando è accaduto? Potete rileggere quella storia qui: L’incontro fra Erfea e Gil-galad

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

Narratore: Dopo la forgiatura dell’Unico Anello, Sauron chiese ai fabbri elfici che gli fossero restituiti i rimanenti Anelli, dal momento che, egli sosteneva, erano stati creati per mezzo della sua arte e dunque gli appartenevano di diritto. Al prevedibile rifiuto dei Noldor, con una rapidità impressionante, Sauron mosse dalla sua fortezza di Barad-dur e marciò con le sue armate alla volta del regno dell’Eregion, ove attaccò la città di Ost-in-Edhil.

Soldato elfico: Mio signore, le vedette hanno scorto un numeroso esercito approssimarsi alla nostra città; l’assedio è dunque prossimo ad avere inizio! Quali sono i tuoi consigli, in questa ora buia per la gente dell’Eregion?
Celebrimbor (scuro in volto e accarezzando l’elsa della propria lama): Riferisci ai tuoi compagni che non vi sarà altro conforto per noi che le spade, né altro rifugio che non sia quello costituito dalle nostre cotte di maglia. Venga pure Sauron, se questo desiderio corrisponde alla sua volontà, cosicché possa osservare le sue armate vacillare ed infine tremare dinanzi alla furia dei possenti Noldor!

Narratore: Infiniti atti di valore furono compiuti dai guerrieri elfici, ma essi non potettero arrestare a lungo la furia delle schiere di Sauron: dopo giorni di estenuante battaglia, la città fu presa e gli elfi massacrati dagli orchi.

Soldato elfico: Mio Signore, Ost-in-Edhil è caduta e gli orchi presto giungeranno in queste sacre aule.
Celebrimbor: Fuggi, fuggi e non voltarti indietro!
Soldato elfico: Se agissi come voi mi consigliate, verrei meno al mio onore di guerriero e di elfo.
Celebrimbor (sorridendo tristemente): L’unico elfo sul quale cadrà impietosa la vendetta dell’Oscuro Signore giace qui, innanzi a te. Non temere: altrove la speranza sopravvivrà, se gli elfi potranno ancora testimoniarla!
Soldato elfico: Questo è il mio destriero; afferratene le briglie e conducetolo lontano, ove le stelle ed il sole vi condurranno; maggiore sarà l’ira dell’Avversario, se egli si avvedrà che il suo maggior nemico è fuggito ed ha recato seco gli oggetti del suo bieco disio.
Celebrimbor: Maggiore sarebbe la mia vergogna, se dovessi abbandonare questo campo di battaglia, ove giacciono sì tanti orchi ed elfi che io più riuscirei ad identificarne i volti. Quanto a me, lascia che il mio corpo perisca in questa strage di Primogeniti, ché non si debba dire che Celebrimbor sia fuggito dinanzi a un nemico sì infame e codardo da non mostrarsi per nulla durante l’assedio. Solo in questo modo, dunque, riacquisterei l’onore perduto, ché il mio animo mostrerebbe a quanti offesi con parole poco degne del mio eloquio che Celebrimbor agì stoltamente, ma che combatté sì valorosamente e resistette ove erano i suoi gioielli, gli unici la cui luce seppe creare ad imitazione della maestà di coloro che sono al di là del mare e di colei che qui soggiornerà, fin quando il mondo non sarà mutato ed il suo destino giunto a termine.

Narratore (Girandosi in direzione degli spettatori): Voi, voi che avete udito questa sera narrare la storia di Celebrimbor, non dite che il figlio di Curufin cadde perché tradì la sua gente per vano orgoglio e per scarsa lungimiranza, ma che egli fu tradito a causa dell’infelice amore che nutrì per una bionda dama elfica: tuttavia, chi ama non è mai perduto ed il suo sacrificio non sarà mai vano.

Coro finale: Sventura colse coloro che i Grandi Anelli forgiarono
Nulla è nella Natura che non debba mutare il suo corso
Come le foglie nel grigio Autunno
Così le fragili esistenze dei figli di Iluvatar avvizziscono
Sventura sul figlio di Curufin
Che la mano osò levare sul biondo oro e sul freddo diamante
Sventura sul popolo dell’Eregion
Che i biechi lacci del ciacciatore non seppe evitare
Sventura sull’oscuro discepolo di Morgoth
Ira e rancore mossero i suoi passi su vacui sentieri
Ed egli qui pervenne
Ché la rovina dei Noldor fosse completa.

FINE

Qui potrete leggere (o rileggere) gli atti precedenti della Tragedia:
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere. II Atto, II scena: la scoperta dell’inganno di Sauron
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli. II Atto, II scena: la creazione di Nenya, Vilya, Narya
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere. II Atto, I scena. Celebrimbor e Galadriel (parte II)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: II Atto, I Scena. Celebrimbor e Galadriel
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II Scena (conclusione)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II scena (continuazione)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I

Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere. II Atto, II scena: la scoperta dell’inganno di Sauron

Care lettrici, cari lettori,
ci avviciniamo ormai all’epilogo della tragedia dedicata alla vita e all’opera di Celebrimbor, l’Artefice dei Grandi Anelli del Potere nella Seconda Era, che – stando ai vari rumors catturati nella Rete – dovrebbe essere uno dei protagonisti della serie prodotta da Amazon. Prima di lasciarvi alla lettura del penultimo atto dedicato a questo complesso personaggio, devo confessare che, a onor di verità storica, tra la creazione degli Anelli Elfici e quella dell’Unico trascorsero alcuni anni: per rendere più drammatica la scena, mi sono tuttavia permesso una piccola licenza poetica, se così si può definire, che spero possa essere di vostro gradimento.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

(Improvvisamente, una voce malvagia si leva da Est e la sua eco copre quella di Celebrimbor che tace atterrito)

Tre Anelli ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende
Sette Anelli ai Principi dei Nani nelle loro rocche di pietre
Nove agli Uomini mortali che la triste morte attende
Uno per l’Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra
Nella terra di Mordor dove l’Ombra nera scende
Un Anello per domarli, un Anello per trovarli
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli
Nella Terra di Mordor, dove l’Ombra cupa scende


Ash nazg durbatuluk, ash nazg gimbatul, ash nazg thrakatuluk.
Agh burzum-ishi krimpatul

Celebrimbor (tenendosi il volto fra le mani): Cosa è accaduto? Perché non ho più scorto, per alcuni attimi, la luce solare illuminare queste aule? Dove sono i miei fratelli?
Un grande maleficio è all’opera: tuttavia, sebbene il mio spirito sia ancora forte e desideroso di apprendere quanto le stolte menti non possono scorgere, pure, una grande stanchezza si è impadronita delle mie membra ed il peso degli Anelli sembra gravare sulla mia forte mano.
(Trasalendo, quindi gemendo) Adesso comprendo! La rovina è caduta su di noi, fabbri dell’Eregion! Annatar, colui che noi accogliemmo degnamente, ha infine rivelato i suoi veri intenti, tradendo la nostra causa: strappati i segreti della nostra arte alle nostre ingenue menti, ha infine forgiato un Anello al confronto del quale ogni mia creazione potrebbe impallidire. Tradimento! Tradimento è stato oggi compiuto ai nostri danni. Non vi è tempo da perdere in ulteriori indugi; inviamo gli Anelli degli Elfi ove il Nemico mai potrà giungere e difendiamo con le nostre vite quanto ci costò immani fatiche! Qui rimarremo saldi, finché la morte non sarà giunta sui nostri affranti, ma non ancora chini, capi.

Suggerimenti di lettura:

Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli. II Atto, II scena: la creazione di Nenya, Vilya, Narya
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere. II Atto, I scena. Celebrimbor e Galadriel (parte II)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: II Atto, I Scena. Celebrimbor e Galadriel
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II Scena (conclusione)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II scena (continuazione)
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena
Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I

Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II Scena (conclusione)

Care lettrici, cari lettori,
eccoci alla conclusione della seconda scena del primo atto della tragedia dedicata alla figura di Celebrimbor e alla sua seduzione da parte di Annatar, alias Sauron. Trovate qui gli altri articoli pubblicati in merito a questo testo: Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II scena (continuazione); Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena; Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

L’illustrazione in copertina è opera di Angus McBride e rappresenta Celebrimbor intento a forgiare uno degli Anelli del Potere.

Celebrimbor (sdegnato in volto): Perché dunque non ti rivolgi ai fabbri di Khazad-Dum? Anch’essi, infatti, sono abili fabbri e sarebbero ben lieti di condurre la tua volontà verso un fine che riterresti soddisfacente.
Annatar: Sagge sono le tue parole; nessun nano, tuttavia, avrebbe perizia tale da lavorare la Fiamma Imperitura stessa! Solo tu, Celebrimbor dell’Eregion, possiedi l’abilità e la saggezza tali da poter ardire realizzare un simile obiettivo.
Celebrimbor: Se ho ben inteso le tue parole, condivideresti la tua arte con la mia? Nessun dono potrebbe essere più grande di quello che oggi mi proponi; eppure, entrambi lo sappiamo, nessun artista concederebbe con tale facilità i propri doni ad altri che non fosse il proprio allievo ed erede. Cosa dovrei concedere ai tuoi voleri affinché il tuo spirito possa dichiararsi soddisfatto del dono che mi offri?
Annatar (ridendo con grazia): Mio signore, quale dono potrebbe ricevere un simile nome, se fosse un pegno del quale l’incauto beneficiario dovrebbe poi pentirsi?
Celebrimbor: Ben m’avvedo che le tue parole siano veritiere; tuttavia il mio popolo teme la parola degli Ainur, quanto quella dei servi di Morgoth, ché spesso essi traggono proprio vantaggio da azioni che, agli occhi degli sciocchi e degli ingenui, potrebbero apparire generose. Sia come dici: possa l’Uno maledirti mille e ancora mille volte se le promesse si dimostreranno false!
Annatar (inchinandosi profondamente): Nulla avrà da pentirsi Celebrimbor se seguirà quanto i suoi voleri lo esortano a compiere.

Continua con il secondo atto…

Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere: I Atto, II scena (continuazione)

Care lettrici, cari lettori,
proseguo con questa storia la narrazione della tragedia di Celebrimbor, alle prese con i desideri inconsci (e terribili) del suo animo…se vi siete persi le altre parti di questo racconto, vi suggerisco di leggerle (o rileggerle) qui: Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I; Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

«Celebrimbor: Se davvero sei chi affermi di essere e se i desideri più inconsci del mio spirito non ti sono ignoti, allora ben comprenderai quanto le tue parole non possano obliare alcuno fra i dolori che il mio cuore affliggono.
Annatar: Sappi, tuttavia, che i miei doni non sono semplici artefatti o parole pronunciate con saggezza, ché altre sono le ricompense che il mio spirito nutre ardentemente poter consegnare nelle tue abili mani.
Celebrimbor (rivolgendo ad Annatar uno sguardo sospettoso): Perché dovrei dunque credere che un figlio del popolo degli Ainur sia giunto in siffatta contrada per distribuire i suoi doni con tanta generosità? Perché i Valar non sono giunti dinanzi al cancello di questa città per redimersi dai loro errori e chiedere perdono al popolo dei Noldor? Certo, pur non essendo signore di alcuna schiatta e privo dell’autorità che i miei padri conobbero allorché l’Oscuro Nemico ancora dominava i fati dei figli di Iluvatar, mai potrei accettare che un loro servo, se pur dotato di arti quali gli elfi forse non saranno mai in grado di raggiungere, possa parlare in loro vece!
Annatar: Giunsi da Valinor, ma non per conto dei Signori di quella contrada; essi, infatti, riposano nella coltre delle nubi che si ergono fra il mare ed il cielo, più non curandosi di quanto avviene nelle terre mortali; tuttavia, lungi dal nutrire il mio animo astio nei loro confronti, esso gioisce, ché, altrimenti, il mio corpo avrebbe indugiato troppo a lungo nelle aule che furono della schiatta di Aulë il Fabbro senza conoscere la selvaggia bellezza della Terra di Mezzo. Fu detto che i Valar dovessero intendere solo in parte il pensiero di Ëru, ché questi era superiore a loro quanto a possanza e a splendore: gli Ainur, tuttavia, non devono servitù alcuna al loro signore, se non quella che priverebbe la loro volontà dei desideri più inconsci che nutrono i loro animi. Cos’è un’esistenza, dunque, se non adempiere ad una missione? E se la nostra missione fosse quella che mani troppo deboli temono di voler afferrare, non sarebbe questa paura simile a codardia? Realizzare il volere di Ëru riempirebbe il mio ed il tuo animo di possente gioia che nessun Vala disconoscerebbe; al contrario, codesti Signori onorerebbero il mio ed il tuo nome nei secoli a venire, lieti che queste contrade non siano state adombrate dall’ombra dei servi di Morgoth.
Celebrimbor: Se tale, come tu dici, fosse la mia volontà, quale vantaggio ti apporterebbe il mio assenso? O, forse, credi che i Noldor non siano che stolti strumenti nelle tue orgogliose mani?
Annatar: Mio Signore, non è sugli abili Noldor che il mio volere vuole imporsi, ché esso non trarrebbe alcun beneficio da una simile schiavitù, né, certo, avrei la forza di poter assoggettare il tuo orgoglioso popolo, né alcuno altro della Terra di Mezzo: perché, al contrario, non realizzare una grande lega fra tutti i popoli, affinché cià che i nostri spiriti ambirono poter ottenere per pochi eletti sia infine patrimonio comune a tutti i figli di Iluvatar?
Celebrimbor: Quale sarebbe, dunque, il pegno che ogni popolo libero dovrebbe versare per ottenere una simile alleanza?
Annatar (avvicinandosi ancor più all’elfo e chinandosi sul suo orecchio destro): Le alleanze stringono in un ferreo patto coloro che ne seguono gli intenti, legando i loro destini l’uno con l’altro, di modo che nessuno appaia più estraneo e cessi la guerra fa i giovani mortali ed i vetusti immortali; sia dunque un Anello il simbolo della nostra alleanza, affinché ognuno di noi possa condividere l’altrui destino. (CONTINUA)

Suggerimenti di lettura: Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena; Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I

Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli – Primo Atto, Seconda Scena

Care lettrici, cari lettori,
proseguo in questo articolo la narrazione della tragedia incentrata sulla figura di Celebrimbor, l’elfo noldo forgiatore dei Grandi Anelli. Trovate la prima parte della tragedia qui: Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

Coro:
L’apparenza dagli occhi di bragia e dal sorriso dorato
L’apparenza dal volto nascosto e dall’ingannevole aspetto
L’apparenza figlia della Notte e del Vuoto
L’apparenza ancella del Dominio e del Potere
L’apparenza appestatrice degli animi dei figli di Iluvatar
L’apparenza madre delle menzogne e dei desideri insani
L’apparenza dolce nenia dei saggi ammonimenti
L’apparenza malsano balsamo per le profonde ferite
L’apparenza speme per quanti al mondo più non si volgono
L’apparenza sovrana della bella morte
L’apparenza schiava della triste morte
L’apparenza temuta quanta desiderata

Annatar: (inchinandosi profondamente nei confronti di Celebrimbor): Mi avete fatto dunque chiamare, Signore dei Noldor? Esulta il mio cuore, ché da lungi desideravo mirare il sembiante del più possente tra i figli di Fëanor ed egli è sovente stato al centro delle mie peregrinazioni sin da quando mi giunse voce che un mirabile artista, le cui opere tutta Ëa invidia, dimorava in siffatta contrada.
Celebrimbor (ricambiando l’inchino): Signore? Di quale feudo o di quale schiatta la mia persona sarebbe dunque padrone?
Annatar: Non sono dunque veritieri i racconti che giunsero ad Occidente?
Celebrimbor: Di quali racconti parlate?
Annatar: Delle canzoni e dei poemi che scrissero in vostro onore i vetusti bardi del popolo dei Vanya.
Celebrimbor: (stupefatto in volto e pronunziando lentamente le parole) Siete stato dunque a Valinor ed avete fatto ritorno alla Terra di Mezzo? Ora comprendo per quale motivo la vostra venuta è preceduta da grande meraviglia e timore, ché molti diffidano dai Signori dell’Occidente, rei di aver abbandonato le contrade dalle quali noi, pur avendo la possibilità, non fuggimmo. Grande opere avrebbero pouto essere concluse se l’ignavia non avesse trionfato negli animi dei Valar e delle loro spose; se davvero provieni dalla contrada ove i miei avi vissero per qualche tempo, rammenta ai tuoi signori che le schiere degli orgogliosi Noldor, lungi dall’essere precipitate nelle barbarie e nell’ignavia, hanno retto queste contrade con sapienza e vigore. Io, però, non sono signore di codesta terra, ché essa è sotto la potestà di Celeborn il Sinda e della sua sposa, Galadriel, né le tue parole hanno rischiarato i miei dubbi su quanto impunamente hai pronunciato.
Annatar: No, mio signore, non vi è malizia nella mia voce, né imprudenza nella mia mente: quale elfo, infatti, fosse anch’egli valoroso come Celeborn del Doriath, può vantare le tue abilità nel rendere docili i metalli alla forgiatura e nell’incastonare i freddi diamanti sui gioielli che il tuo estro crea? Ora, forse, ti parranno veritiere le mie parole, ché non vi è potere più grande di quello che dimora nei figli di Iluvatar i quali siano in grado di plasmare la Fiamma Vitale a loro piacimento.
Celebrimbor: Ove vi è freddo e la materia è inerte, forse il mio intelletto è sufficientemente dotato per sapere infondere in essa forma e grazia; gli animi dei figli di Iluvatar, tuttavia, esulano dalla mia volontà ed essi non possono essere piegati come fogli di metallo, né con dolci parole, né con saggi ammonimenti. La Fiamma Imperitura, ahimé, non posso controllare, ché non conosco i segreti pertugi attraverso i quali la sua luce riscalda i cuori dei Noldor.
Annatar: Quanto è ignoto alla mente dei Primogeniti, non lo è dinanzi a quella degli Ainur.
Celebrimbor: Chi sei tu, dunque?
Annatar: Il Signore dei Doni, del popolo di Aulë il Fabbro, giunto alla Terra di Mezzo per colmare i suoi abitanti delle letizie che per troppo tempo i Valar dell’Occaso negarono loro; ora che mi avvedo della possanza del figlio di Curufin, comprendo come nesssun cimelio, per quanto splendente, potrà mai eguagliare il suo spirito».

Continua…

Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere – I Atto, Scena I

Care lettrici, cari lettori,
quest’oggi vi propongo il primo atto di una tragedia che scrissi alcuni anni fa, intitolata «Celebrimbor o della Forgiatura degli Anelli del Potere». Questa tragedia, costruita a imitazione di quelle classiche, è provvista di coro e narratore onniscente. Celebrimbor è stato il più grande artista elfico della Seconda Era, colui che creò, insieme ad Annatar, i Grandi Anelli del Potere. In questa scena iniziale il fabbro elfico si lamenta del suo amore non corrisposto nei confronti di Galadriel, moglie di Celeborn.

Buona lettura, aspetto i vostri commenti!

L’immagine in copertina è opera di kimberly80.

Narratore: Celebrimbor entra nella sala delle forge, nei sotterranei della città di Ost-In-Edhil, ove è intento a realizzare opere di grande valore.

Coro: Sventura attende coloro che i Grandi Anelli Forgiarono
Nulla è nella Natura che non debba mutare il suo corso
Come le foglie nel grigio autunno
Così le fragili esistenze dei figli di Iluvatar avvizziscono
Sventura sul figlio di Curufin
Che la mano osò levare sul biondo oro e sul freddo diamante
Sventura sul popolo di Eregion
Che i biechi lacci del cacciatore non seppe evitare
Sventura sull’oscuro discepolo di Morgoth
Ira e rancore mossero i suoi passi su vacui sentieri
Ed egli qui pervenne
Ché la rovina dei Noldor fosse completa.

Celebrimbor: Se io fossi, amici, inabile alle armi, pure non lamenterei la mia sventura; se io fossi lento nella corsa e nella lotta, pure mai ascoltereste la mia voce levare alte grida di rabbia; se io fossi cieco e storpio, pure il mio cuore non ne soffrirebbe, ché vi sono altri sensi oltre la svista, né essi mi sono sconosciuti; se io fossi, tuttavia, incapace nel parlare, allora grande sarebbe il mio risentimento e le volte delle aule di Ost-in-Edhil risuonerebbero di echi spaventosi ad udirsi.
La più possente fra le arti che i Valar insegnarono ai miei avi, infatti, consentì loro di comprendere il creato e di differenziarsi in questo dalle bestie della terra e dagli uccelli del cielo; prima che gli Elfi si destassero ad oriente, nessuno aveva dato un nome alle creazioni di Eru Iluvatar ed esse giacevano dimenticate, in antri oscuri e gelidi, ove mai era giunto il destriero di Orome il Valoroso.
Un dì, tuttavia, un elfo levò, stupito in volto, la mano verso il cielo e scorse una luce che nessuna tenebra poteva offendere: chiamò quel prodigio stella ed il suo nome fu tramandato ai posteri, affinché essi imparassero a riconoscere e ad onorare la luce di Elentari.
Amici, grande invidia nutre il mio cuore per un simile elfo, che levò alto il suo grido d’amore verso la luce più splendente che i suoi occhi avessero mirato! Egli seppe così attribuire il nome all’oggetto del suo disio e ne fu senza dubbio appagato, ché, altrimenti, mai sarebbe stato tramandato il suo ricordo a coloro che ancora della nostra stirpe errano su questi lidi al di là del mare; io, tuttavia, che infinite opere creai e ornai di bellezza e virtù, sicché esse parvero prendere vita, non mi sono mostrato all’altezza della mia fama, ché ancora esito e non vi è grido che mi salga dal cuore che possa alleviare il mio tormento.
Quale nome, infatti, potrebbe risvegliare in lei quanto nel mio animo è divenuto allo stesso tempo tortura e delizia? Quali cimeli potrebbero eguagliare il tesoro che la casa di Celeborn il Sindar custodisce sì gelosamente?
Io credo, o Noldor, che mai nessuna arte dei figli di Fëanor potrebbe allietare il mio tormento; voci, tuttavia, mi sono giunte da Oriente e da Occidente, dalle steppe del Rhovanion e dal regno del mio sovrano, Gil-Galad, l’Alto, voci che potrebbero guarire le ferite del mio animo, se si dimostrassero veritiere. Un grande signore, adorno della maestà dei reggenti dell’Occidente, è infatti giunto alle contrade dei Noldor e ha domandato udienza presso i Principi della mia schiatta: invero, molto desidero conoscere tale essere, ché alcuni mormorano essere in grado di chiamare a sé le Potenze del cielo e della terra.
Orsù, dunque, conducete da me il viandante di cui vi ho parlato e badate che nessuno disturbi il nostro colloquio».

Ritratti – Annatar, il Signore dei Doni

Bentitrovati a tutti! Vi presento una nuova illustrazione di Anna Francesca avente come oggetto un enigmatico Annatar, Signore dei Doni…sotto i panni del quale muoveva le sue perfide mosse contro i popoli della Terra di Mezzo nientemeno che Sauron, il più potente fra i servitori di Morgoth, l’Oscuro Nemico del Mondo!  Per accompagnare questa immagine ho scelto alcuni passi del racconto de «Il Marinaio e l’Albero Bianco», nei quali Sauron si rivolge ai Numenoreani per sedurli e averli in pugno. Spero vi piaccia, aspetto i vostri commenti!

annatar.jpg

«”A voi, uomini di Numenor, sovrani di Endor, dico questo: mai vi fu, fin dagli albori del tempo, stirpe sì gloriosa e degna di essere chiamata signora tra tutte, come quella che ora solca in lungo e largo gli oceani sconfinati.” Numerose esclamazioni di gioia  ed entusiasmo eruppero spontanee, eppure l’Oscuro Signore non ne fu spiaciuto, ma seguitò a parlare: “Le leggi che fino ad oggi avete onorato e disprezzato, i Valar e gli Eldar hanno ordinato che fossero gli uomini a seguire, senza tuttavia mai svelarne la ragione; ebbene, folli si sono rivelati i loro progetti, ché nulla di quanto complottano mi è ignoto. Eru Iluvatar creò la Terra e ne dispose la forma a suo piacimento, seguendo il proprio volere: otto fra gli Ainur ne seguirono la volontà e ne ressero le sorti, gli stessi che affidarono Numenor alla vostra gente.”

Fredda era divenuta ora l’aria e lampi minacciosi saettavano a nord e ad est e Sauron proseguì: “Fu in tale occasione che il bando dei Valar fu emanato e il loro araldo Eonwe, vi proibì l’accesso alle Terre Imperiture; sempre avete temuto tale ordine, e mai la vostra obbedienza è venuta meno. Qualcuno tra voi potrebbe forse affermare che l’uomo giusto è timoroso degli dei, ne osserva le divine leggi, tuttavia, se davvero vi sia tra voi chi parli in sì modo, sappia che non è egli degno di appartenere a tale gloriosa stirpe.”

Mormorii increduli si levarono tra la folla, ché non tutti i Numenoreani presenti avevano in odio i guardiani del Vespro, né ambivano sfidarne l’ira; tuttavia il seme della follia era stato gettato fra di loro ed esso ratto si impadronì del cuore degli uomini. Simile alla tenebra del plenilunio, così le parole di Sauron ottenebrarono le menti degli uomini, ed ecco essi levarono le armi e scossero gli scudi, soggiogati dalla rovina e dalla perdizione.

Sauron attese che il silenzio calasse nuovamente, infine parlò per la terza volta e le sue parole furono udite in tutto il regno: “Non è forse vero che essi vi domandarono ausilio e venerazione quando ne ebbero bisogno? Eppure, uomini di Numenor, con quali ricompense furono riscattate le vostre lacrime e i vostri morti? Doni furono assegnati ed invero di grande valore, eppure nulla che vi permettesse di condividere la più grande ricchezza sì gelosamente custodita dai Valar! Messaggeri essi hanno inviato ai vostri padri, per placarne la giusta collera, eppure io vi dico che il dono di Mandos altro non è che un vile inganno, per mezzo del quale siete stati privati della vostra volontà e del vostro futuro.

Giardini ricolmi di frutti abbelliscono la vostra isola e torri adamantine sfidano rabbiose il vasto cielo, eppure sappiate che essi non sono altro che una miserevole copia di quanto si erge al di la del mare a ponente. I Valar disposero i loro precetti per gli stolti, eppure chi fra voi oggi si riterrebbe tale? A voi, signori della Terra, dico questo: gli uomini gloriosi e potenti afferrano quanto è a loro gradito. Non è con la negazione delle leggi dei vostri padri o con il loro rifiuto, che la gloria nutrirà del suo nettare inebriante i vostri cuori: solo obliando le vili parole degli dei, trionferete su quanti si oppongono al vostro dominio.”

Grandi manifestazioni di giubilo si levarono dalla folla festante e più di uno si volse al proprio vicino sussurrando parole dettate dal rancore: “Infida è la parola dei Valar e schiavi di essa sono gli uomini che ne seguono gli intenti.”

Tuttavia, vi fu chi espresse perplessità e timore; l’Oscuro Signore, ebbe sentore di ciò, allorché un uomo fra la folla gli parlò: “Chi sei tu dunque, perché debba costì parlare? Quale sentiero le nostre menti dovrebbero percorrere.?”

Allora silenzio si fece in tutta la contrada, e molti osservarono dubbiosi il sovrano; questi attese, finché la gente non si fu acquietata, infine prese la parola: “Non abbiate timore di alcuna mala sorte, Numenoreani! Un tempo catturammo Sauron, perché egli si prostrasse innanzi alla nostra maestà e rendesse omaggio alla stirpe del sovrano, ed ora egli offre a tutti noi un reame degno della potenza delle nostre schiere. Cos’è una vita, se non adempiere ad una missione? E non è forse la nostra quella di elevarci al di sopra dei comuni mortali e reclamare quanto è nostro di diritto? Mirate Sauron, non è egli forse prostrato innanzi a me?” e dicendo questo si voltò affinché tutti quanti potessero costatare la veridicità delle sue parole. Grande fu lo stupore tra folla e molti levarono grida di giubilo.

“Il signore di Mordor si inchina al volere di Ar-Pharazon: egli si è redento, ed ora non vi sono più rivali in grado di contrastare il nostro dominio!”

Possenti si levarono voci trionfanti e gli uomini corsero ad armarsi, convinti che l’ora del trionfo fosse giunta: squilli echeggiarono lungo il crinale del colle, e già le navi si apprestavano a partire, allorché Sauron levò il lungo braccio

“Numenoreani, invero nessun popolo oserà sfidare il vostro volere, tuttavia io vi metto in guardia, ché molti dei vostri congiunti tramano nell’ombra delle loro fortezze”, ed a Erfea parve che il Signore degli Anelli volgesse il suo sguardo verso di lui. L’Oscuro Signore parlò ancora: “Il mio signore, Melkor, con l’inganno fu esiliato nel nulla, ché gli dei non vollero rivelare alcunché dei loro arcani segreti ai re della Seconda Stirpe. I vostri padri lo combatterono e lo sconfissero, tuttavia egli non nutre alcun rancore verso di voi, ché ben comprende come le vostre menti siano state guidate sino ad oggi da sciocchi consigli e insani ammonimenti. A lungo vagai per questa Terra di Mezzo, affinché potessero fiorire i semi di Melkor ed ora mi accorgo quale meraviglioso verziere di delizie ed incanti ricolmo sia sorto nella vostra isola.”

Minaccioso si fece il clamore della folla ed Erfea fece fatica a distinguere la voce di Sauron fra le tante che adesso si levavano; d’un tratto però, giunto dal Nord, si abbatté sulla folla un fortunale, e questo ai Fedeli parve come un chiaro ammonimento, perché mai in tali giorni si erano abbattute tempeste su Elenna: pioggia scrosciante si abbatté al suolo, mentre il fiero vento lacerava le vele e il sartiame. Il panico si impadronì degli abitanti e la loro paura crebbe ancora, ché giunsero le grandi aquile di Manwe in formazione serrata, puntando dritte alla cima del Menalterma, ove Sauron assisteva imperturbabile a quanto accadeva sotto il suo sguardo. “I messaggeri di Manwe sono su di noi – gemette il popolo affranto – la collera di Manwe spira furente dal Forastar!”. Fulmini saettavano ovunque e molti Numenoreani fuggirono atterriti, disperdendosi nei vicoli e negli edifici; non scappò però l’Oscuro Signore, il quale attese che la tempesta si placasse; saette del cielo caddero presso di lui, tuttavia egli non parve dolersi del fuoco che ora ardeva sulle sue vesti. Infine, disprezzando apertamente il volere di Manwe, egli levò al cielo una lunga spada nera ed ecco, fiamme ne percorsero la superficie: timorosa la folla lo osservò, eppure non era dipinta meraviglia nei loro sguardi, ché non pochi fra loro, maghi i cui sortilegi sono andati smarriti, erano in grado di evocare il fuoco per mezzo di arcane parole; presto, tuttavia, lo sgomento si impadronì dei loro cuori, allorché un fulmine si abbatté su Sauron con tale violenza, che il suo trono in pietra ne fu annientato. Eppure, meraviglia! Egli era incolume e levava lo sguardo al monte, invitando i sacri messaggeri degli dei a lacerare la sua carne; questi però, non furono irretiti dalle sue bestemmie, nonostante comprendessero il Linguaggio Nero, e si limitarono a scuotere le loro penne fradice.

“Finanche le Grandi Aquile sono incapaci di procurarmi offesa!” esultò Sauron raggiante in viso. D’ora innanzi la legge che seguirete sarà dettata dal vostro volere ché i grandi uomini nulla devono temere!”»

Tratto da «Il Racconto del Marinaio e dell’Albero Bianco»